La sinistra reazionaria della Cgil e della minoranza interna del Pd ha una lunga storia dietro le spalle. Secondo Francesco Piccolo, che ne ha scritto sul Corriere della Sera, la sinistra italiana è reazionaria da almeno trent’anni. Un tempo più lungo della storia ventennale della Seconda repubblica che è già passata agli archivi come l’età berlusconiana in cui Silvio Berlusconi fa la parte non solo del leone ma anche del coglione perché è visto come l’uomo politico che ha condotto l’Italia dritta dritta nella crisi che dura ormai da cinque anni. Ma se è vero che la sinistra reazionaria è alla base della nascita della Seconda repubblica, allora, la stessa storia del berlusconismo va riscritta.
Matteo Renzi, marciandoci – e speriamo non marcendoci -, lo ripete spesso e volentieri: ci tocca fare quelle riforme che altri per vent’anni non hanno fatto. Gli altri chi? Certo, la destra berlusconiana e la sinistra reazionaria nel ventennio bruciato che ci illudiamo di avere alle spalle sono state parimenti inconcludenti. Tuttavia, quando il governo Berlusconi provò a riformare il mercato del lavoro, la sinistra reazionaria – che in quel tempo non aveva nessuna componente riformista – scese in piazza al seguito della Cgil e di Sergio Cofferati. Si disse, allora, che al Circo Massimo erano in tre milioni. Il governo non se la sentì di andare avanti e la riforma del lavoro – nonostante Marco Biagi, che ci rimise la pelle, come qualche anno prima ce la rimise Massimo D’Antona sulla via Salaria – si fermò prima di iniziare a fare sul serio. Tutti i giuslavoristi che hanno provato a riconsiderare lo Statuto dei lavoratori e la giungla del diritto del lavoro hanno fatto una brutta fine. Non è un caso che oggi – oggi, dopo la conclusione inconcludente della Seconda repubblica – anche Pietro Ichino sia un sorvegliato speciale. La sinistra reazionaria è stata nella storia dell’età berlusconiana un pesante macigno anti-innovazione. Il principale motivo del disastro italiano risiede nell’impossibilità, sempre verificata, di cambiare il diritto del lavoro. La forza reazionaria che ha espresso la sinistra italiana non è stata mai così forte in alcun altro paese europeo. La destra, che alla fine del ventennio berlusconiano si è estinta, ha le sue colpe. Ma la sinistra non è innocente. Oggi la storia, che ama fare le capriole, le serve il conto.
Renzi ha detto che è surreale che il sindacato voglia trattare la legge di Stabilità con il governo. Eppure, questo speciale tipo di surrealismo politico è sempre stata la legge non scritta ma rispettata della politica italiana. Lucio Colletti, al tempo del primo tempo di Forza Italia, diceva che il sindacato è una bocciofila. Intendeva dire che è un’associazione privata e un’associazione privata non fa le leggi. Ma Colletti era un ex marxista convertitosi al liberalismo e per giunta colpevole di essere passato al nemico. Renzi, invece, è il presidente del Consiglio e il segretario politico del Pd che dice di voler cambiare l’Italia. Lavoro difficile. Anche perché l’Italia reale è già cambiata mentre – ed è questo il vero problema – non è cambiata l’Italia legale. Oggi cambiare il mondo non è impossibile perché, lo si voglia o no, il mondo cambia comunque; mentre ciò che si deve imparare a cambiare è il modo in cui si vede il mondo per meglio capirlo. La sinistra reazionaria, che ha sempre pensato se stessa come il sale della terra e l’ultimo giorno della storia mondiale, non ha mai voluto modificare il suo modo di vedere il mondo e ora che è fuori dal mondo sarà il mondo, forse, a modificare la sinistra reazionaria.