Paolo Isotta è un miracolato. Non lo dico io. Lo dice lui nel suo ultimo irresistibile libro La virtù dell’elefante. A miracolarlo più di una volta è stato il santo del giorno: San Gennaro. Tutto o quasi Isotta deve a San Gennaro: l’orecchio, la carriera, la vita. Se gli capita un guaio, Isotta ringrazia il santo e va a Pozzuoli alla sua basilica a fargli visita: “Giacché so che un guaio è qualcosa mandatomi da lui per farmi pagare dieci a petto del cento che mi ha evitato”. Non è uno scherzo. E’ la verità. Il libro stesso – le memorie di “una vita straordinariamente felice e straordinariamente fortunata” – è un miracolo e il santo napoletano (Faccia gialla per i partenopei) nato a Benevento vi è onnipresente come la Provvidenza nei Promessi sposi e nella vita del manzoniano critico musicale del Corriere della Sera.
In cosa consiste il miracolo di queste memorie? Non è forse un miracolo poter raccontare una “vita felice”? Sembra che Isotta sia riuscito a smentire ciò che la Natura dice all’Anima in un famoso dialogo di Leopardi: “Vivi, e sii grande e infelice”. Dico, allora, in poche parole ciò che ne chiede molte: il miracolo è nella vita che si fa musica e nella musica che si fa vita. Perché il libro, pur apollineo, si porta dentro qualcosa di dionisiaco e la cultura straripa come un fiume in piena o le note in un’opera sinfonica e ci vuole proprio la forza di un elefante per tener su tanta sapienza. La forza sovrumana a Isotta viene dal divus Ianuarius: “Questo lo debbo in primo luogo alla protezione di San Gennaro”.
Pare che il libro prima di trovare il suo editore sia stato rifiutato per i racconti osceni sulla vita notturna della Galleria di Napoli negli anni Sessanta, eppure il convincimento non sbagliato di Isotta è che quei racconti prendano sapore da Scarlatti padre e figlio, Bach e Handel, Mozart e Beethoven e Schuberth, Wagner e Verdi, Cajkovskij e Strauss, Mahler e Ravel. E’ il sogno segreto di Isotta: essere direttore d’orchestra. Con questo “gran libro”, che mette insieme musica e vita, cultura e giornalismo, c’è riuscito. Grazie a San Gennaro che lo ha guidato “per i labirinti del Corriere” – dove fu assunto nel 1979 da Franco Di Bella ma dovette difendersi dalla “reazione violentissima” organizzata con “precisione militare” dai “salotti milanesi, per conto di Nono, Abbado e Pollini” – e per l’assunzione di Indro Montanelli a il Giornale dove arrivò perfino a scrivere una lettera falsa firmandola Idro Montanelli senza che Montanelli nulla sapesse.
Con la segnalazione di Mario Praz a Montanelli e Guido Piovene, da insegnante e musicologo che era, Isotta si fece critico musicale del giornale montanelliano: “Così cominciai la mia carriera: principiando direttamente dal vertice; non avevo fatto un giorno di gavetta”. Miracolo. Non l’unico. Quando all’Arena di Verona andò in scena Forza del destino, ad interpretare Don Carlos fu il baritono Renato Bruson e Isotta scrisse che “sconosceva il solfeggio”. Il baritono reagì: prima provando a strangolarlo e poi scrivendo a Montanelli chiedendo il licenziamento del critico. Ma, per volere della sorte o di San Gennaro, la lettera giunse a Isotta e non al direttore. Fu così che il critico prese un foglio di carta intestata “e su questo vergai con la mia grafia una lettera firmata Montanelli” nella quale si dava ragione a Bruson e lo si rassicurava sulla immediata caduta della testa di Isotta. Il baritono non dubitò dell’autenticità della lettera e cominciò a cantare al mondo intero sulla fine del critico. Tanto cantò che anche Montanelli ascoltò e così chiamò Isotta e gli disse: “Senti un po’, c’è un coglione di cantante che va dicendo in giro di possedere una mia lettera nella quale gli prometto la tua testa. Che c’è di vero?”. Isotta confessò e Montanelli non lo “decapitò” ma quando il critico passò al Corriere “si offese a morte” e lo “rimpiazzò” restituendo a Piero Buscaroli, che fino ad allora firmava con pseudonimo, l’onore della firma. Ma qui si apre un’altra storia che non vi racconto e che potete leggere nel libro ora in uscita da Marsilio.
tratto dal Corriere del Mezzogiorno del 19 settembre 2014