di Giancristiano Desiderio
“Bill!! Bill!! Bill”. E’ un’acclamazione popolare continua e naturale. La gente è un mare. Diecimila persone, non di meno. Tanta gente, tanto sole, tanta sete, così tanta che alle 19 di sera i bar avevano esaurito le scorte d’acqua. Neanche alla festa di Sant’Alfonso ho visto tanto popolo in piazza. E, forse, ieri Bill de Blasio era un santo laico, anche se ha apprezzato i ravioli al ragù di tracchiulelle che ha buttato giù. E’ un pezzo d’uomo. Un gigante di due metri e con le braccia aperte è un padre, come lo zio don Alberto che diceva messa nel Duomo di papa Sisto. “E’ bello essere a casa” ha detto esordendo nel discorso in italiano. “Buonasera a tutti i santagatesi. Ci sono santagatesi qui?”. La piazza è un coro di entusiasmo. “Va bene, allora sono nel posto giusto”. E presenta la sua bella famiglia: Chirlane, Dante, Chiara che si muovono tra i santagatesi come santagatesi. “Io credo che ciò che ho realizzato – continua il santagatese diventato sindaco di New York – è stato possibile grazie ai valori che mio nonno imparò in questa città e che ha insegnato a me e io ai miei figli”. Anche per questo motivo, uscendo da casa Mongillo per un porta secondaria, a metà pomeriggio ha voluto condurre i ragazzi davanti alla casa di “nonno Giovanni”.
Camminando per via Martorano Bill avrà ricordato le scorribande che faceva lì sotto da ragazzino. Perché “era uno scapestrato – dice l’ex edicolante Tonino Russo, memoria storica del paese -, me lo ricordo bene. Era un capobanda. Avrà avuto dieci anni quando mangiò la bellezza di ventotto gelati da Normanno. Si sentì male e lo portarono in ospedale”. E’ strano. I giornalisti, d’Italia e d’America, chiedono cosa si aspettano dal sindaco di New York e i santagatesi rispondono con semplicità come fa Francesco Parlati: “Niente. E’ uno di noi. E’ la nostra storia”. E’ così. Ecco perché a Sant’Agata dei Goti è festa: si riconosce in Bill de Blasio il punto più alto di una storia santagatese che accomuna tante famiglie che all’inizio del Novecento sono partite per gli Stati Uniti e hanno lavorato contribuendo a far vivere Sant’Agata ed a far più forte e libera l’America. “Lì, su quel palco ci dovrei essere io – dice Franco Luciano, avvolto nella bandiera a stelle e strisce, per venti anni ha vissuto a New York e oggi ha un locale di ristoro e intrattenimento a Sant’Agata -: Bill, Bill, Bill!!”.
Parlano in tanti prima di Bill: il sindaco di Sant’Agata dei Goti, la nipote Roberta, il cugino Arturo, la prefetta Galeone, il presidente Cimitile, il sottosegretario Alfano. Ognuno dice una cosa giusta. Saltano fuori Totila, Salvo d’Acquisto, Kennedy, i Sanniti, i Romani, le Forche Caudine. Tanta storia che il castello dai mille anni sembra perder pezzi per fare un omaggio. Ma è con la cronaca che la piazza di alza in piedi e tributa affetto alla memoria del carabiniere Tiziano Della Ratta morto un anno fa in una gioielleria a Maddaloni mentre difendeva ordine e libertà. Anche Bill e i suoi ragazzi con Charline ascoltano e si alzano in piedi. Come dirà Bill: “Sentiamo un collegamento forte con Sant’Agata”. Nel Duomo, commosso, ha ricevuto dal sacerdote la genealogia della sua stirpe che si perde nelle ombre e le luci del 1400, come la madonna di Agiolillo Arcuccio.
tratto dal Corriere del Mezzogiorno del 24 luglio 2014