di Giancristiano Desiderio
Quando Michele Serra non scriveva cazzate e dirigeva Cuore, redigeva anche una bella rubrica sulle cose per le quali vale la pena vivere e tra le varie spiccava la pisciata. Vi sembra poco una bella pisciata? A me per nulla. Ho visto tanta gente con il catetere andarsene a spasso per le corsie ospedaliere con la sacca di produzione propria appesa, che prego il buon Dio perché mi conservi il piacere di pisciare in libertà. L’argomento è volgare ma solo in apparenza e non è il caso di fare gli schifiltosi. Uno dei libri più belli e umani di sempre, i Saggi di Montaigne, si chiude in modo irriverente e naturale: “Una volta quel grand’uomo di Esopo vide il suo maestro che pisciava camminando. ‘Insomma!’ disse. ‘Dovremo allora cacare correndo?’. Cerchiamo di amministrare bene il nostro tempo, ce ne resta ancora molto di ozioso e male impiegato”. Antoine Compagnon, commentando i Saggi del grande Montaigne e le cose della vita in questo delizioso Un’estate con Montaigne (Adelphi), nota che gli uomini (e le donne) del Rinascimento non facevano tante cerimonie come noi e dicevano con sincerità e franchezza ciò che pensavano. L’arte di vivere bene esige anche che si segua la natura e che per dominarla, come ammoniva Bacone, prima di tutto le si ubbidisca. Montaigne era scettico sulle meraviglie del domani e aveva dubbi anche sulle certezze dell’oggi, per cui invitava ad affrettarsi nelle cose tristi e ad attardarsi nelle gioie che il più delle volte sono comuni e mortali. Come una bella pisciata perché c’è un tempo per pensare e uno per pisciare. Anche se, a volte, non a tutti è chiaro quando fanno l’uno e l’altro.
I giornalisti sono gli specialisti di un particolare tipo di pisciata: la pisciata inutile. Montanelli diceva che un articolo di fondo deve nascere e morire in prima pagina senza che il lettore debba voltare pagina per continuare la lettura. In un articolo c’è sempre qualcosa che può essere tagliato perché ciò che va detto lo si può dire bene in poche parole. La pisciata inutile, invece, è un pezzo che non finisce più. Lo si scrive, in genere, o per sfogo o perché non si ha il tempo per scrivere un articolo breve. Quando lavoravo a Libero, uno dei maggiori pisciatori era Renato Farina. Brav’uomo, per carità e bravo giornalista, ma aveva questa impellenza di pisciare quasi a getto continuo. Col tempo, anche in modo forzato, ha imparato a controllarsi. Ma per uno che non piscia più, ce ne son tanti che continuano a farlo. Anzi, a volte penso che l’invenzione dei social network sia stata fatta per permettere a tutti, non solo ai giornalisti cosiddetti professionisti, di pisciare. Oggi pisciano davvero tutti, cani e porci, e non è un bel vedere. Alla pisciata inutile è subentrata quella da 140 caratteri. Una pisciatina, forse solo uno schizzo anche se a volte sembra più una stronzata. Oggi Sgalambro non scriverebbe più Del pensare breve ma Del pisciare breve e si mostrerebbe che anche la aurea regola montanelliana ha le sue eccezioni: non basta farla breve per non farla fuori dal vaso.
La pisciata può essere istruttiva. I cessi pubblici sono un naturale invito alla lettura. Mentre sei lì che pisci e rifletti sulla brevità della vita e sulla lunghezza della pisciata ti informi sulle troie locali ma universali delle quali un galantuomo ha voluto lasciare numero di telefono e specialità marinare. Ci sono informazioni pratiche, ma anche perle di saggezza. Al bagno del caro vecchio liceo classico c’erano sentenze latine e greche – “Conosci te stesso ma fatti i cazzi tuoi”, “Carpe diem, cogli l’attimo ma non dimenticare la figa” – ma quella che leggevo e rileggevo nell’atto delle minzione e della menzione era davvero un classico dell’umanesimo: “Lo disse Cesare e lo confermò Caputo che il cazzo dopo la pisciata va sbattuto”.
La pipì ha una sua letteratura architettonica, pittorica, filosofica, erotica, cinematografica e anche discografica con l’immortale “Mi scappa la pipì papà”. La pisciata è intima e si piscia da soli ma nei cessi degli autogrill – uno dei posti più affollati del globo terracqueo – bisognerebbe mettere la scritta, come un aforisma di Eraclito noto in tutto il mondo: “Chi non piscia in compagnia o è un ladro è una spia”. Ogni volta che vado in una toilette della cosiddetta “area di servizio” risento la voce di mia madre che come tutte le madri del mondo mi diceva: “Falla dentro”. Ci deve essere una misteriosa legge della fisica che impedisce all’uomo, che pure rispetto alla donna ha la possibilità di dirigere il getto, di farla lì dentro, nel cesso. Questa legge di natura è così rigorosamente osservata nei gabinetti degli autogrill che sarebbe più giusto e igienico abolirli e invitare tutti a farla davvero fuori, nei campi, così l’ “area di servizio” potrebbe essere chiamata “aria aperta”. Non è uno scherzo. Su queste cose non si scherza. Prendete – a proposito di letteratura – l’ultimo romanzo di successo sfornato da Adelphi: Karoo. Il protagonista Saul Karoo – uno che non sa niente ma parla di tutto, come tutti – è a casa dei McNab e va in bagno per far pipì e ci ha lasciato una descrizione utile per capire la psicologia del pisciator scortese e del perché la fa fuori anche quando la potrebbe far dentro: “Un tempo, quando pisciavo mi bastava prendere la mira e sparare, e lì dove miravo colpivo. Era una di quelle cose che potevo fare, e che mi piaceva fare, a occhi chiusi.
Ora non più.
La prostata non mi dava tregua. Come una pistola che spara storto, la mia pisciata finiva molto più a destra o molto più a sinistra, oppure si riduceva di colpo a un rivolo. Guardando in giù, notai un’evoluzione assolutamente nuova. Invece di un unico getto, dal mio cazzo sprizzavano due fiotti che formavano una V. E per tutto il tempo ebbi la sensazione di pisciare succo di limone concentrato.
Ecco fatto. Avevo finito. Mi scrollai il cazzo e tirai lo sciacquone. Tirai indietro la pancia e mi rinchiusi la patta. Nelle orecchie mi risuonava l’eterna cantilena: hai voglia a scuotere e saltellare, l’ultima goccia nelle mutande non la riesci a evitare”.
Un passo esemplare dal quale si evince: a) gli uomini col cazzo in mano non sanno mai che cazzo fare e finiscono per far cazzate; b) la pisciata a V arriva quando meno te l’aspetti; c) Saul Karoo non ha studiato al Tito Livio e non conosce la massima di Cesare e di Caputo.