di Giancristiano Desiderio
Matteo Renzi ha portato la sinistra in paradiso. Un trionfo. Un risultato più unico che raro. Senza precedenti. Neanche ai bei tempi del Pci di Berlinguer e del sorpasso sulla Dc si era giunti a un simile risultato: 40,8 per cento. Tuttavia, “quelli di sinistra” non si riconoscono nel trionfo di Renzi, mentre il precedente gruppo dirigente del Pd lo riconosce a denti stretti perché non ne può fare a meno. Ma è soprattutto la triste figura dell’intellettuale di sinistra a non vedere nella grande vittoria dell’ex sindaco di Firenze una grande affermazione della sinistra. Anzi, si arriva a capovolgere la realtà con un falso sillogismo di questo tipo: Renzi non è la sinistra, quindi la vittoria del Pd rappresenta per la sinistra una grande sconfitta. Così ragionano gli intellettuali di sinistra sempre e anche in questo caso con la puzza sotto il naso. Proprio per questo motivo la sinistra ha sempre perso. Proprio per questo oggi ha vinto: perché Renzi ha rottamato l’intellettuale di sinistra che si sentiva tanto superiore alla imbecilgente.
Pur stravincendo e doppiando il M5s, Renzi ha avuto parole di rispetto per l’avversario. Forse l’intellettuale di sinistra ha ragione nel dire che Renzi non è di sinistra: non ha il vizio morale di mostrarsi eticamente superiore all’avversario. Se questa decenza dei costumi politici rimane è per tutti noi una bella svolta. Se Renzi riesce davvero a rottamare, come fin qui ha fatto, il razzismo etico della sinistra – figlio della supposta diversità berlingueriana – tutto il Paese farà un passo avanti. Renzi, che in campagna elettorale ha difeso il nome di Berlinguer dall’appropriazione indebita di Grillo – “sciacquatevi la bocca” -, è in realtà l’Anti-Berlinguer che prende più voti di Berlinguer e aspira a cambiare i codici morali della sinistra. Che realizza il progetto fallito del berlingueriano Veltroni: l’autonomia del Pd. Ha tutte le ragioni di questo e dell’altro mondo. Gran parte dell’immobilismo del ventennio bruciato della Seconda repubblica ha la sua origine in questa tanto vantata quanto inesistente superiorità antropologica degli ex e post comunisti. Senza l’invenzione di questa insulsa e odiosa superiorità Renzi può chiedere agli elettori del centrodestra di votare per lui e quegli elettori lo hanno votato.
Ma cosa cambia con questo risultato delle elezioni europee? Niente. E’ solo passata la paura dell’affermazione del rabbioso movimento grillino. Una paura che, però, è sempre qui a portata di mano. Perché quel movimento non nasce dal niente ma è espressione diretta del fallimento delle politiche di governo della lunga stagione del berlusconismo. Il M5s è la rappresentazione della crisi italiana nella quale tutt’ora siamo. Il consenso raccolto dal partito del presidente del Consiglio ha un solo significato: lavorare alle riforme per incidere su politica e società. Altro senso non c’è. Si deve recuperare il tempo perduto, ben sapendo che il tempo non passa mai vanamente e lascia i suoi segni.
L’affermazione di Renzi è anche un giusto tributo alle buone scelte del presidente Napolitano. Solo un anno fa il presidente della Repubblica fu praticamente pregato da un’intera classe politica inconcludente di accettare la rielezione al Quirinale. Fatto, anche questo, più unico che raro nella nostra storia. Ma in questo anno il capo dello Stato è stato criticato e insultato ora per inesistenti complotti, ora per inesistenti colpi di Stato. Per fortuna Giorgio Napolitano ha dimostrato di avere un grande senso delle istituzioni e soprattutto ha mostrato nei fatti di saper far funzionare le istituzioni usandole come naturale nostra ancora di salvezza. Se la crisi non ha travolto totalmente l’Italia trasformandola in un’altra Grecia, buona parte del merito lo si deve a quest’uomo di novant’anni che ha fatto proprio dell’Europa la sua (nostra) stella polare. Che il suo lavoro non sia vanificato.