Come scrive Guido Ruotolo sul quotidiano La Stampa, “anche se non è sicuramente l’aspetto più importante di questa inchiesta, lascia letteralmente allibiti leggere nel fermo della procura di Reggio Calabria che a Montefalcone Valfortore, in provincia di Benevento, esisteva una cellula campana dell’organizzazione mafiosa facente capo alla famiglia americana dei Gambino”.
Il Fortore, infatti, finora era sempre rimasto fuori dalle mappe dei clan camorristici contenute nelle relazioni semestrali della Direzione investigativa antimafia, né si erano registrati fatti di cronaca che in qualche modo potessero far pensare ad una presenza stabile della criminalità organizzata.
Da ieri non è più cosi e, soprattutto, preoccupa il livello della cellula fortorina, legata a doppio filo alla ‘ndrina degli Ursino di Gioiosa Jonica.
E preoccupa ancor di più il fatto che Antonino Francesco Tamburello, detto Nick, ovvero l’inviato speciale della famiglia Gambino colpito da un provvedimento di espulsione dagli Usa, pur essendo originario di Partanna in provincia di Trapani, avesse scelto Montefalcone Valfortore come sede operativa per creare una sorta di ponte della cocaina tra New York e la Calabria.
Sapevamo della presenza sul territorio sannita di clan camorristici come quello dei Pagnozzi in Valle Caudina o degli Sparandeo a Benevento, alleati storici dei casalesi. E negli ultimi tempi abbiamo anche scoperto la presenza sempre meno marginale del clan degli scissionisti di Secondigliano, soprattutto nel capoluogo. Ora sappiamo anche che nel Fortore operava un clan legato alla mafia americana e alla ‘ndrangheta calabrese.
A questo punto è lecito porsi un’amara domanda: ma il Sannio non era un’isola felice?
Il Sannio era un’isola felice soltanto agli occhi di chi faceva finta di non vedere la realtà dei fatti.