Nunzia De Girolamo sarebbe indagata dalla Procura di Benevento. Così cadrebbe quella esile linea difensiva che lei stessa aveva scelto per respingere accuse e critiche che le sono state rivolte quando furono divulgate le famigerate registrazioni di Felice Pisapia. Se ora la magistratura indaga sull’operato dell’ex ministra – che all’epoca dei fatti della Asl di Benevento e le riunioni nella masseria del padre era parlamentare del Pdl – allora è necessario essere garantisti. Per due motivi: primo, perché come insegna l’esperienza e non, purtroppo, l’ordinamento giudiziario italiano, i magistrati possono sbagliare; secondo, perché essere garantisti è un valore in sé: fino a quando non c’è la prova processuale contraria si è innocenti. Tuttavia, se il “caso De Girolamo” fosse tutto qui, allora, non varrebbe neanche la pena parlarne. Invece, è bene approfondirlo perché ancora una volta ci troviamo di fronte ad attività amministrative e fatti politici che vengono letti e giudicati, persino dalla sua stessa protagonista, solo e totalmente in chiave giudiziaria. La politica non solo è giustiziata ma ricondotta con il suo volere all’unica categoria della legalità e così facendo diventa una politica confusa, debole, inutile e dannosa. La legalità è un valore ma il legalismo è un male intellettuale e morale nel quale affoghiamo da più di vent’anni danneggiando sia le leggi sia la politica.
Se anche i comportamenti della deputata non avessero implicazioni penali – e spero che sia così – non per questo avremmo una buona sanità. La sanitopoli sannita, come è ormai chiamata, non nasce con Nunzia De Girolamo. Esisteva ieri, esiste oggi e di questo passo esisterà domani. La pecca della deputata sannita è la continuità nonostante lei abbia rivendicato per sé la diversità: ha ereditato un inefficace sistema di consuetudini, abitudini, prassi ma invece di rifiutarlo e modificarlo lo ha preso in consegna e gestito. Si può arrivare al paradosso che tutto il sistema sia perfettamente legale e ciononostante inutile in politica e dannoso nella sanità. Purtroppo, tutta la nostra vita morale – ossia la conoscenza e l’azione – è così: si muove intorno alla legalità ma non solo non è giusta, non è neanche legale. La lotta politica, ad ogni livello, non è più da molto tempo uno scontro anche aspro e duro tra idee, interessi e valori perché è, invece, solo una guerra a colpi di codici: amministrativo, civile, penale. Più vogliamo legalità, più produciamo illegalità. Il legalismo è una categoria con la quale interpretiamo tutto – lo Stato, la politica, la scuola, il lavoro, la sanità, la giustizia – e tutto snaturiamo. La vita nazionale si mostra a noi come un manicomio o un labirinto del quale abbiamo smarrito la via d’uscita.
Come se ne esce? Chiarendo e accettando che la legalità è solo uno strumento ma non è vita morale e, a sua volta, la concreta vita morale è ciò che guida le leggi eseguendole e superandole. Ma non ne usciremo mai se in politica gli uomini e le donne continueranno a nascondersi nel legalismo. Come dimostra il “caso De Girolamo”, nessuno li potrà difendere da se stessi.