I politici nostrani hanno il cuore buono. Un po’ come il cornetto Algida: un cuore di panna per noi. Ricorderete senz’altro che quando Il Fatto pubblicò – e le pubblicazioni continuano tuttora – alcuni stralci delle famigerate registrazioni di Felice Pisapia, la ministra dell’Agricoltura avvertì tutti dicendo che chiunque avesse diffuso quei dialoghi sarebbe stato querelato e il risarcimento (eventuale) sarebbe stato dato in beneficenza. Il primo che diede risalto alle registrazioni fu Clemente Mastella e così Nunzia De Girolamo gli inviò un sms profumato. L’ex ministro della Giustizia ha ora mandato a dire a mezzo stampa alla ministra dell’Agricoltura – siamo una terra di statisti, ministri e fondatori di partiti mica bau bau micio micio – che si vedranno in tribunale perché le chiede i danni e il risarcimento sarà devoluto ai bambini abbandonati. Quindi, la De Girolamo querela i giornalisti e fa beneficenza, Mastella cita la De Girolamo e fa beneficenza. Solo voi non fate beneficenza. Siete proprio delle merde. Ecco, ora potete querelare me e così fate anche voi beneficenza. Proprio come loro che sono così buoni. Soprattutto con i risarcimenti. Mi chiedo: ma con tutta questa bontà, non avrebbero fatto prima a far funzionare la sanità?
Il bene ha una particolarità: si fa e non si dice (a onore di Mastella va detto che ha avuto sempre attenzione per i bimbi abbandonati e quando lo ha fatto lo ha saputo fare senza clamori, bravo). Il bene non è una predica ma una pratica. Il mondo si regge proprio sulle opere buone che si fanno e non si dicono. E’ una regola che ha in sé qualcosa allo stesso tempo di umano e oltreumano. A pensarci bene è l’opposto della pseudo azione politica quotidiana che si dice ma non si fa. Prendete proprio il caso indigeno della sanità beneventana: alle intenzioni non corrispondono le azioni, se non in modo inversamente proporzionale ai nobili principi che sono dichiarati e declamati con la stessa enfasi della recita di Natale. Il mondo morale e politico è finto e fatuo. Non perché la morale, come credevano i marxisti, non esista, ma, al contrario, è trasformata in impostura proprio perché esiste. La morale del cuore di panna ha qui la sua fonte.
Mi chiedo anche un’altra cosetta: come è possibile che con tutti questi rappresentanti del territorio il nostro territorio sia così inguaiato? Ci deve essere qualcosa che non va proprio in quel concetto di “rappresentante del territorio”. Vi devo confessare che io questa cosa del “rappresentante locale” non l’ho mai sopportata. L’idea che il deputato o la deputata debba rappresentare il territorio – come se fosse una sorta di sindacalista di zona – non solo è concettualmente barbara ma è anche la radice storica, politica e morale dei nostri guai. Perché in questa funzione di mediazione e cerniera il ceto parlamentare diventa parassitario. E’ una storia antica. Già Antonio Labriola notava che i deputati altro non erano che plenipotenziari dei comuni e delle province accreditati presso il governo di Sua Maestà. La sudditanza volontaria dei meridionali è in questa idea che i parlamentari rappresentano il territorio e quindi devono chiedere qualcosa al governo romano o alle istituzioni in genere per ottenere soldi, finanziamenti, posti. La trasformazione di una provincia in un feudo ha, purtroppo, la sua origine nella stessa provincia. Ai parlamentari non bisogna chiedere qualcosa per il territorio – il leghismo, in fondo, è un meridionalismo settentrionale – ma vanno stimolati, diciamo pure costretti a rappresentare l’interesse nazionale. Quell’interesse nazionale che c’è perfino nelle Asl che si portano dentro il vizio antico fin dal nome: azienda sanitaria locale. Il localismo è una mala pianta. Ne fa le spese proprio quel territorio che si vorrebbe tutelare: perché non lo si fa crescere, non gli si fa respirare l’aria della libertà e delle conquiste ma i veleni del servilismo e dei bisogni. La morale del cuore di panna è indigesta.