Quando, qualche tempo fa, ho iniziato a scrivere questa rubrica profeticamente intitolata Bar sport, non potevo immaginare che un ministro sarebbe caduto o quasi per un bar. Ma qui, come dice il giaguarista – auguri, Pierluigi – non stiamo a pettinare le bambole o ad asciugare gli scogli. Quando ho scelto quel nome l’ho fatto consapevolmente per indicare una politica e un tempo che si sposano alla perfezione con i discorsi da bar dello sport. Oggi è come se le scene che ci si parano davanti – con i loro retroscena, con gli stronzi e le merde, con le registrazioni e i portavoce, con i manager e i direttori, con i vaffanculo e i mo’ ti faccio vedere chi sono io, con gli amici delle mozzarelle e i caciocavalli, con i 118 e gli appalti e il 113 e il 112, con le guardie e i ladri, con i baroni, il conte Tacchia e il marchese del Grillo “perché io so’ io e voi non siete un cazzo – altro non fossero che un unico grande Bar sport che per l’occasione è diventato Bar Benevento o Bar Asl o Bar sanità. Prima o poi non poteva che finire così come sta finendo. Benevento caput rutti. In fondo, una cosa seria, terribilmente seria come la sanità, non è amministrata e governata come un bar in cui si cerca di accontentare un po’ tutti, amici e amici degli amici, col grappino o con lo spumantino, e se qualcosa dovesse andar male, beh, allora vien’ a ca’, pigliamc’ ‘na tazzulella e cafè?
Pino Daniele, tanto per parlare al Bar sport, lo diceva e cantava bene:
Na’ tazzulella e’ cafè e mai niente cè fanno sapè
nui cè puzzammo e famme, o sanno tutte quante
e invece e c’aiutà c’abboffano e’ cafè
Na’ tazzulella e’ cafè ca sigaretta a coppa pe nun verè
che stanno chine e sbaglie, fanno sulo mbruoglie
s’allisciano se vattono se pigliano o’ cafè
E nui passammo e uaie e nun puttimmo suppurtà
e chiste invece e rà na mano s’allisciano se vattono se
magniano a città
Vedete, è solo un discorso da Bar dello sport, nulla di veramente serio. E poi – come ho sentito dire più di una volta e, in verità, l’ho anche letto – non è forse vero che si sapeva già tutto e che hanno fatto sempre tutti così? La differenza rispetto al passato sta nelle registrazioni. Ora le cose saltano fuori. E’ vero: le registrazioni sono una barbarie. Anche a me non piace una condizione in cui si sa tutto di tutto e di tutti. Gli uomini – e le donne – per vivere umanamente hanno bisogno di luce e di ombra. La società trasparente non solo è un mito, ma anche un pericolo totalitario. Una società in cui ti vengono a vedere anche il buco del culo non è bella ma brutta, perché oggi succede al culo di quello ma domani capita al culo tuo. Ma qui, perdiana, siamo al bar mica all’Accademia di zio Marsilio e quindi non si va troppo per il sottile. E poi, se è una barbarie l’intercettazione, non è forse una barbarie l’asservimento politico della sanità che in realtà significa asservimento della malattia? Il Bar sanità fa impressione perché è più simile a una macelleria che al classico Bar dello sport così ricco di perdigiorno certo, ma anche di tanta umanità.
Ogni tanto al bar entra qualcuno che non ha letto solo il Corriere dello Sport ma anche qualche libro. L’altro giorno è entrato uno che da grande voleva fare il meridionalista ma poi si è rotto i coglioni e ha fatto il garagista ma gli è rimasta la fissazione per Giustino Fortunato e allora se ne è uscito con la citazione di un libretto intitolato Perché il Sud è rimasto indietro e ha detto: “I meridionali sono privati non soltanto della libertà: la libertà di poter decidere del proprio destino, che solo un reddito decente, una buona istruzione, la fruizione di diritti collettivi e personali consentono. Sono privati anche della verità, quella di poter capire perché sono a questo punto, quali le ragioni, le eventuali colpe e di chi”. E poi Peppe ‘o meridionalista – così lo chiamano – ha concluso dicendo: “Stronzi, avete capito chi comanda? E perciò stamm’ ‘nguaiat” e ha ordinato un caffè corretto “ma non alla Sindona, mi raccomando” ha precisato.
Ascoltate questa. “Io mi rendo conto che tutti sono interessati alle registrazioni, anche in modo morboso – diceva l’altro giorno al Bar sport il professor Annibale Bertelli, professore di matematica al liceo di Piazza Risorgimento – però a me delle registrazioni non me ne frega niente. A me interessa un altro fatto che, badate bene – diceva ai suoi amici come se stesse facendo lezione ai liceali -, è proprio un fatto e non una voce da interpretare. Il fatto è questo: il vertice manageriale del Bar sanità si riuniva in una casa privata convocato da un parlamentare. Voi capite?!”. “Aspetta, aspetta un po’ Annibale caro – lo ha interrotto il suo amico giornalista Ercole Casarrubea che scrive sulla Gazzetta del cacchio – tu dimentichi che le registrazioni sono abusive cioè rubate e io fino a prova contraria sono e resto garantista con tutti, non solo con gli amici ma anche con gli avversari”. Al che il professor Bertelli che non aspettava altro ha risposto prontamente: “E che c’azzecca il garantismo?! Bisogna essere garantisti, e anche io lo sono, quando c’è un indagato o un imputato, insomma quando c’è un processo, ma non ci troviamo in questo caso. Quando ci sarà un’indagine e si procederà penalmente, se si procederà, allora sarò garantista, ma ora il problema da valutare è quello politico che riguarda il perché e il per come un politico agisca come se lo Stato fosse una cosa sua, un po’ come se io fossi il padrone di questo bar ma con la differenza che la sanità non è un bar. E’ chiaro Ercole o te lo devo scrivere io il pezzo sulla Gazzetta del cacchio dove scrivi tu?”.
E così dicendo il professor Bertelli ha salutato i quattro amici al bar che volevano cambiare Benevento e hanno finito per girarsi il bar e se n’è andato al liceo Giannone, un altro che voleva cambiare il mondo e a suo modo ci riuscì. Ma questa è un’altra storia (più bella e meno costosa).