Siamo tutti spiati. Le intercettazioni, quando non sono autorizzate, non solo sono sgradevoli ma anche ingiuste. L’ultima frontiera è la registrazione occulta a usi personali: ricatto, avvertimento, difesa. In quest’ultimo caso rientra la registrazione fatta da Felice Pisapia – ex direttore amministrativo dell’Asl di Benevento – che il 30 luglio 2012 partecipò a casa del padre di Nunzia De Girolamo ad una riunione con la deputata dell’allora Pdl insieme con il vertice manageriale dell’azienda. Oggi Pisapia, che ha l’obbligo di dimora a Salerno nell’ambito dell’inchiesta che la magistratura sta conducendo proprio sulla sanità sannita, ha usato quelle registrazioni per difendersi. I magistrati – anche perché si tratta di atti abusivi – hanno escluso che le registrazioni abbiano risvolti penali. Caso, dunque, aperto e chiuso? No. Primo, perché se quei dialoghi non hanno valore penale, ne hanno uno amministrativo, politico e morale; secondo perché ormai tutti ne parlano.
La registrazione è abusiva, e su questo non ci piove; ma la riunione è illegittima. In quella riunione tutti i partecipanti sono fuori luogo e nessuno è al posto giusto. I vertici di un’azienda pubblica non devono riunirsi in una casa privata, convocati da una deputata. E’ stata la stessa magistratura a definire la riunione “un direttorio politico-partitico costituito al di fuori di ogni norma di legge”. La conversazione del “direttorio” è un intreccio di funzioni sbagliate e interessi particolari: i funzionari non devono lavorare per il consenso elettorale di un deputato ma nell’interesse della pubblica amministrazione e a sua volta il parlamentare non deve svolgere compiti di governo ma, nella divisione dei poteri, deve esercitare la legislazione e il controllo.
Al giornalista de Il Fatto che stava scrivendo sull’episodio, la ministra ha risposto con questo sms: “Chi vuole fare pulizia, può essere ucciso con la pistola, oppure con la parola, alla fine viene sempre fuori la verità”. Si lasciano intendere buoni propositi sommersi dal fango. Sarà certamente così. Tuttavia, per capire la illegittimità – chiamiamola così – del “metodo De Girolamo” possiamo usare un paradosso. Si potrebbe immaginare che un altro deputato convochi a casa sua una riunione con il provveditore agli studi, qualche burocrate e un po’ di presidi per dare ordini, promuovere una scuola e bocciarne un’altra e far capire in loco chi comanda. Un altro deputato, sempre per paradosso, potrebbe convocare a casa sua una riunione con il prefetto, il questore, il tenente e mettere un po’ di cose a posto nell’interesse del suo consenso elettorale. Ogni deputato avrebbe il suo personale Stato e noi ci ritroveremmo – e forse vi siamo – in un sistema feudale. La ministra dell’Agricoltura si è difesa dalle rivelazioni minacciando querele. Ma un ministro non deve mai intimorire e inibire la libera discussione che nella vita democratica rimane pur sempre il miglior antidoto per spie, intercettazioni e registrazioni.
tratto dal Corriere del Mezzogiorno dell’8 gennaio 2014