Sapete cosa c’è scritto sulla tomba di Tazio Nuvolari? “Correrai ancor più veloce per le vie del cielo”. Morì nel 1953. Dopo due ictus. Quando Enzo Ferrari seppe la notizia rimase di sale. Si mise in macchina e andò di gran carriera a Mantova e si perse nei vicoli della città. Scese da cavallo e chiese ad un anziano operaio: “Dov’è la villa Nuvolari?”. Il vecchio stagnino lo guardò, fece un giro intorno all’auto, lesse la targa, capì e gli strinse la mano dicendogli: “Grazie per essere venuto. Come quello là non ne nasceranno più”. Perché? Chi era Nuvolari?
Nuvolari, anno 1892, con l’Alfa rossa faceva davvero ciò che voleva. Corse prima con la Bugatti e poi con l’Alfa rossa: la Alfa Romeo 8C 2300 Monza. Quell’auto lunga, lunga come una canoa, con dentro la testa fasciata del pilota e le mani come artigli di un falco sul volante. Quando passava Nuvolari e quando passa ora Nuvolari la gente arriva in mucchio e si stende sui prati, la gente lo aspetta per ore e ore e finalmente quando sente il rombo del motore, il rumore lontano che si avvicina, salta in piedi e lo saluta con la mano, lo ama e gli grida parole d’amore. Lui passa con l’Alfa rossa e la gente lo guarda a bocca aperta, si volta, lo segue e lo guarda scomparire, come guarda un soldato a cavallo, a cavallo nel cielo d’Aprile. Questo era Nuvolari che correva per rabbia e per amore. Perse due figli, due figli giovani e belli. E corse ancor di più. Come per inseguirli, proprio come un soldato a cavallo. Non aveva paura di morire e alla sua morte la bara fu messa su un telaio e ad accompagnarlo c’erano Ascari, Villoresi e Fangio. Sì, Juan Manuel Fangio. Ecco chi era Nuvolari.
Scrivo questo pezzo perché Bruno Abbatiello, assicuratore a un passo da casa mia, dietro la chiesa dei Longobardi che sembra un garage di auto e moto, mi ha invitato a parlare del raduno delle auto e moto d’epoca che ci sarà nel fine settimana a Sant’Agata dei Goti. Io nelle automobili ci sono nato e cresciuto. Quando guido ascolto quasi sempre e solo Nuvolari, come se lo inseguissi. Come se lo fossi. Il rumore del motore delle automobili è un rombo che dice: “La macchina è viva”. Le automobili d’epoca, quelle più remote nel tempo, appartengono a un’epoca in cui il mito della velocità e della macchina rappresentavano il vanto e il culmine dell’industria. La macchina ha un’essenza futurista. Non ho simpatia per l’avanguardia letteraria ma la macchina per essere celebrata non ha bisogno di scrittori e poeti perché ha in sé la sua poesia e la sua storia. Nel 1932 Nuvolari era al Vittoriale con Gabriele D’Annunzio. Il poeta gli regalò una piccola tartaruga d’oro con questa dedica: “All’uomo più veloce, l’animale più lento” e gli chiese di vincere la Targa Florio. Il Mantovano volante rispose: “Io corro solo per questo”. Il Novecento è (tra le altre cosette) il secolo della macchina.
A volte penso che a Sant’Agata dei Goti dovrebbero circolare solo macchine d’epoca. Le città italiane sono città molto particolari. Esistevano prima dell’invenzione dell’automobile e potrebbero non esistere più dopo la scomparsa dell’automobile. Non sarebbe male per un antico e fiero borgo ospitare macchine d’epoca come opere d’arte. Il raduno della Camesa – Club auto e moto d’epoca Sant’Agata dei Goti – vuole un po’ perseguire questa ambizione. Si potrebbe risolvere così anche quello che sembra un problema irrisolvibile: la circolazione automobilistica nel centro storico santagatese. Solo auto d’epoca.
Ci vorrebbe la famosa sbandata controllata di Nuvolari. Il grande pilota affrontava le curve alla sua maniera: con un secco colpo di sterzo, facendo slittare le ruote posteriori verso l’esterno – come se l’auto sculettasse – poi faceva l’operazione inversa ossia il controsterzo e accelerava. Il vantaggio era duplice: la macchina usciva dalla curva già sul rettilineo e in grande accelerazione. Un modo di entrare e uscire dalla curva che si è imposto nei rally. A raccontare la sbandata controllata di Nuvolari fu Enzo Ferrari che salì a bordo come copilota e quando l’auto entrò in curva e sculettò Ferrari non si rese conto di cosa stesse facendo Nuvolari e pensò che avesse prima perso e poi ripreso il controllo della macchina. Ma siccome ad ogni curva la sterzata e la controsterzata si ripetevano Ferrari capì che era proprio Nuvolari a guidare in quel modo e in quel punto l’Alfa rossa. Faceva sbandare l’auto e contemporaneamente controllava la sbandata. Ogni tanto una bella sbandata controllata nella vita ci vuole. Attenti, però, perché come disse il vecchio stagnino a Enzo Ferrari, “come quello là non ne nasceranno più”.