Dove presentereste un libro? In libreria, che domande! Bravi. Io preferisco presentarlo su un marciapiede. Perché chiudersi in una stanza con tutto il mondo fuori? Meglio mettersi là fuori visto che in fondo è del mondo che si vuol parlare. Luogo più adatto per presentare La fine del Bar Sport e parlare del mitico Bar Sport di Antonio Uniti – ‘Ntonio ‘o luong’ – non c’è. Praticamente, un libro da marciapiede. Così con Domenico Giordano, che ha ideato e organizzato il Piccolo Festival della Politica, abbiamo deciso di sistemarci proprio lì, lì dove una volta c’era il Bar Sport con il suo inconfondibile spilungone e oggi c’è il Blanko’s con la sua combriccola: sotto i secolari platani del Viale Vittorio Emanuele. Mi sembra il modo più giusto per ricordare un pezzo di storia di Sant’Agata dei Goti che merita di essere raccontato e tramandato e un pezzo di storia dell’Italia che nonostante tutto dobbiamo raccontare e tramandare. Lo faremo martedì prossimo, alle 18, io e il mio amico Gennaro Malgieri che, bontà sua, mi asseconda un po’ come si fa con i pazzi.
La caratteristica del Bar Sport è sempre stata l’umanità. Il fattore umano – per dirla con Graham Greene che poco ne sapeva di Bar Sport, in verità – è l’elemento senza il quale il Bar Sport non si concepisce e non si crea. Il Bar Sport è senza pretese perché è vero, è senza mode perché è saporito, è senza miti perché è dissacrante. Al Bar Sport – per capirci – non verrebbe mai in mente di “fare tendenza” perché si ha il senso del ridicolo. Il Bar Sport non è settario e non ghettizza, al contrario è tollerante, accogliente e aperto a tutti perché in ognuno vede il tratto umano. Il Bar Sport ha un che di familiare e di provinciale e allo stesso tempo qualcosa del mondo e dell’uomo di mondo che desidera ancora una volta starsene a casa come in patria.
Al Bar Sport non verrebbe mai in mente di fare un happy hour perché lo è da sempre. Il Bar Sport è di per sé l’ora felice e i suoi prezzi sono per definizione sportivi. Se volete bere un tequila andate in uno dei peggiori bar di Caracas o cazzate del genere, ma se volete una gazzosa – magari un’ottima gazzosa Del Tufo, quella con la bottiglia elegantissima a righe, cavolo dov’è finita… – vi serve un Bar Sport. Insomma, il Bar Sport è un luogo serio, altroché. Certo, c’è il cazzeggio, è ironico, scettico ma anche appassionato e questi sono tutti elementi di quella serietà della vita che con la sua connaturata tracotanza non fa sconti a nessuno.
“Sono conversazioni da Bar Sport” come a dire che sono parole disordinate, senza costrutto, tanto per dire e poi buongiorno e buonasera e chi si è visto si è visto. E’ così? E’ così, ma non proprio. Perché le parole in libertà ci sono un po’ ovunque, dalla televisione al Parlamento ai giornali alla scuola è tutto un mondo di cazzate in libertà. Se volete sentire qualcosa di sensato e vero a questo mondo dovete andare da una puttana che è una specie di monaca laica che toglie a suo modo i peccati del mondo, tanto che anche Cristo si lasciò lavare i piedi da lei. Oppure dovete andare al Bar Sport dove la discussione è varia, a volte animata, a volte anche confusa ma ha i suoi momenti di verità. Perché è proprio questo il punto: il Bar Sport ha in sé un metodo di discussione che è fatto di domande e risposte in cui quasi sempre ci sono due interlocutori circondati da altri amici e conoscenti che discutono e si criticano a vicenda e tengono desta l’attenzione degli altri che seguono e a volte intervengono o perché hanno capito e afferrato la cosa o perché, al contrario, non hanno capito un cazzo. La bellezza è proprio questa. Perché il fine della discussione da Bar Sport – dove ogni tanto appare e scompare la verità come il fulmine greco – è la discussione medesima. Il che significa che è l’amicizia. Ci sono cose che s’imparano sui libri e cose che si imparano nella vita. Le seconde sono quelle importanti.
Chi ha capito tutto questo e ne ha fatto una fortuna è stato Renzo Arbore, ancor meglio di Boncompagni. Indietro tutta, la sua trasmissione di maggior successo è tutta nella filosofia del Bar Sport. Il Nord, il Sud, le donne, il bravo presentatore, volante 1 a volante 2 è tutta roba portata dal Bar Sport alla televisione. Eppure, Indietro tutta aveva già qualcosa di eccessivo mentre l’altra trasmissione, Quelli della notte, interpretava al meglio lo spirito del Bar Sport perché non cercava clamori e restava nell’ombra, così, paga e felice dei suoi racconti e dei suoi personaggi come fra’ Antonino da Scasazza, il comunista Ferrini rappresentante di pedalò della ditta Cesenautica, il famoso “brodo primordiale” di Pazzaglia, Andy Luotto nella parte di Andy Luotto, Massimo Catalano che con le sue ovvietà divenne più celebre di La Palisse (ma non ci voleva molto). Se non ci fosse stato il Bar Sport non ci sarebbe stato questo mondo vario e gustoso che non appartiene all’Italia migliore o all’Italia peggiore perché è semplicemente l’Italia della provincia italiana, qualcosa che ha a che fare con l’entroterra e il litorale, il paese e la campagna, l’Italia delle cento città che sono tutte città di provincia che hanno trovato forma ed espressione nella letteratura, da Boccaccio a Chiara, e tutte hanno avuto il loro Bar Sport per bere la vita con un caffè e un amaro.
Ma a trovarlo oggi un Bar Sport. Il guaio è questo. Ovunque.