Il Pdl è un mare in tempesta che solo Silvio Berlusconi è in grado di solcare. Dal Cavaliere giustiziato può venire qualcosa di buono ma chi aspetta dai berlusconiani qualcosa di passabile attende invano. Per due motivi: il Pdl è un partito carismatico del tutto privo di un metodo di discussione per affrontare e risolvere problemi e, inoltre, la corte del Capo mira solo a salvare se stessa. Il resto – cioè Paese, governo e lo stesso partito – viene dopo, solo dopo. In questa situazione solo Berlusconi può fare la scelta giusta.
Oggi il Pdl si ritrova ancora una volta a fare i conti con la sua natura di partito padronale e leaderistico. In passato, ogni volta che un problema del genera si presentava, la soluzione era semplice: chi dissentiva veniva messo alla porta. “Che fai, mi cacci?” diceva Fini. Fu cacciato. Oggi il Pdl si ritrova nelle medesime condizioni con la piccola differenza che il problema non può essere risolto cacciando qualcuno. Bisognerebbe discutere, inquadrare bene i fatti e poi scegliere una linea d’azione per rimettere in sintonia il governo e il partito. Ma è proprio questo che il Pdl non sa fare per la semplicissima ragione che non è stato mai abituato a farlo. Così l’assoluto vuoto del dibattito interno è riempito dalla fedeltà al capo senza se e senza ma. Lo si può dire con le parole di Bondi: “La realtà è orribile”. Così si preferisce non vederla e fare un atto di fede. Non fa niente se interiormente non si è convinti – perché qualcuno in cuor suo pur avrà idee diverse, si vuol sperare – perché ciò che conta è la fedeltà esibita che di per sé inibisce ogni possibilità di discussione e presa di coscienza di fatti, circostanze, reazioni. Anche la scelta di insistere sulla “anomalia italiana” – ossia la magistratura che azzoppa ed elimina sistematicamente i partiti moderati – esige una presa di coscienza attraverso il metodo della libera discussione e del confronto di idee, invece è solo il frutto dell’esperienza e dell’intelligenza di Giuliano Ferrara.
C’è poi il secondo aspetto: i cortigiani. I berlusconiani non esprimono una classe dirigente ma una corte. Quando il sovrano è colpito mortalmente, la corte pensa a salvare se stessa. Lo sgomento e lo smarrimento degli uomini e le donne del Pdl – che formula trita e ritrita è questa: gli uomini e le donne – sono il frutto di un dissolvimento che si è materializzato davanti ai loro occhi al quale hanno risposto ribadendo eterna fedeltà al Cavaliere. Ma quella fede non esprime una linea politica ma solo la loro volontà di salvezza personale e cortigiana. Ad un problema reale e serio – la condanna definitiva e irrevocabile, il tramonto di una leadership – si fornisce una risposta artefatta che è un riflesso condizionato e non una condizione riflessiva.
Per questi due fondamentali motivi, solo Berlusconi può fare la scelta giusta perché nel Pdl è l’unico in grado di scegliere politicamente. E’ l’unico libero nelle sue scelte, è l’unico in grado di poter esercitare il giudizio in libertà aderendo alla situazione e non alla cieca fedeltà. Solo Berlusconi può far fuori Berlusconi.