Il tratto dominante della Seconda repubblica è lo scontro tra politica e magistratura. Un conflitto duro che ha lasciato sul campo vittime ed è diventato una guerra tra istituzioni e corpi dello Stato. Lo scontro ha riguardato tutti ma quello per eccellenza è stato con Berlusconi e i berlusconiani che ora con la sentenza della Cassazione sul processo Mediaset è arrivato al suo epilogo. Tuttavia, il conflitto tra politica e magistratura è solo quello più vistoso ed eclatante. In realtà, sono tantissimi i settori della vita italiana in cui entra in gioco il giudizio dei giudici.
La magistratura entra spesso e volentieri nella vita della scuola. Sono sempre di più i genitori che, scontenti per la bocciatura del figlio, ricorrono al tribunale amministrativo. Il concorso per dirigenti scolastici – i presidi – si sarebbe dovuto concludere da molto tempo ma non si sa come e quando finirà perché in molte regioni è stato bloccato dal Tar o dal Consiglio di Stato. La magistratura è attiva nel mondo del lavoro e delle imprese: il caso recente più noto è stato senz’altro quello della Fiat di Pomigliano con la sentenza della Corte d’Appello che ha stabilito la nuova assunzione degli operai. I tribunali sono strapieni di processi che riguardano giornalisti: querele penali, cause civili, richieste di risarcimento. Come sono in grande aumento le inchieste sulla sanità e sempre più spesso si fa ricorso ai tribunali per chiedere il risarcimento danni per cure ritenute sbagliate o morti ritenute evitabili. La magistratura, del resto, non fa mancare la sua presenza o la si invoca a gran voce per decidere addirittura sulla vita e la morte: il “caso Englaro” è notissimo. Il giudizio della magistratura, però, non riguarda solo fatti umani ma anche naturali: i giudici si sono espressi sul terremoto stabilendone la prevedibilità, come nel caso del sisma che ha colpito L’Aquila. Insomma, non c’è aspetto della vita umana e naturale e, forse, anche soprannaturale che sembra sfuggire al giudizio dei codici. Come se la nostra vita e il mondo intero fossero dominati da una mente giuridica pronta a tramutarsi in mente giudiziaria. Praticamente a tutti possono essere chiesti i danni: ai professori, ai giornalisti, ai medici, agli imprenditori, ai politici, ai povericristi. Solo al giudice non è possibile chiedere conto dei suoi danni (e anche in questo settore i casi abbondano). Come se il suo giudizio fosse infallibile o, come quello di Dio, al di là del bene e del male.
La mente giuridica non è un’esclusiva dei giudici. Anzi, nella nostra epoca e nella nostra Italia, la visione giuridica è la più diffusa. La pubblica amministrazione è regolamentata dalle leggi e dovrebbe essere governata attraverso le leggi. Dico “dovrebbe” perché in realtà la legge è astratta mentre l’atto di governo è concreto e si basa sulla volontà prima che sulla legge. Ma la volontà la si nasconde dietro la legge. Il governo della pubblica amministrazione diventa così un labirinto: le leggi sono infinite e tra loro in contraddizione. Il risultato è l’ingovernabilità. Il (finto) rimedio? Una nuova legge. La mente giuridica, infatti, come un ragno che tesse solo la sua tela, riproduce se stessa e considera il da farsi solo in termini di forme giuridiche e di giusto e ingiusto mentre la realtà si lascia pensare e fare in termini di utilità e inutilità, efficacia e inefficienza, convenienza e sconvenienza, concretezza e inconcludenza. La mente giuridica vorrebbe – come si dice con un termine orrendo – normare tutto ossia avere per ogni atto una norma. Ma si tratta di una assurdità perché la realtà per sua natura, per fortuna, sfugge alla norma. Le conseguenze del primato della mente giuridica sono molte e nefaste ma quella più dannosa ed evidente è la deresponsabilizzazione di massa con il connesso moralismo.
Un (contraddittorio) sistema di norme che detta comportamenti e azioni è un alibi perfetto per tutti coloro che non vogliono scegliere, decidere, assumersi responsabilità: possono sempre e comunque richiamarsi ad una legge – a un comma, a un codicillo, a una circolare, a un regolamento – e possono accusare chi non vi si è conformato. E’ un meccanismo diabolico la cui prima vittima è proprio la legge – il diritto positivo – che è fatta o dovrebbe essere fatta per difendere la libertà e non per annullarla. Gli italiani sono diventati tutti, chi più chi meno, dei giudici in cerca di colpevoli.