Una volta a Benevento c’era l’alluvione quando straripavano i due fiumi: il Sabato e il Calore. Oggi basta un acquazzone estivo. Il progresso non sempre va avanti. La città in pieno luglio non è sotto il solleone ma sott’acqua. Una caso più unico che raro. E’ piovuto tanto ma è molto, molto difficile credere che i danni della città, da via Napoli al Rione Libertà, siano il frutto di una calamità naturale. Si sono verificati in città, con i fiumi nei loro letti. Quanto meno sarà una calamità urbana. Dovuta a cosa? Fattori multipli. Geometri senza geometria, ingegneri senza ingegno, politici che parlano di beni comuni ma ignorano il bene comune per eccellenza: il governo delle cose e degli uomini nell’interesse della città.
Benevento ha una buona mappa viaria, ma ha pessimi sistemi di scolo. Perché? Perché le vie le ha ereditate dal passato, mentre le condutture sono il frutto delle amministrazioni moderne. Ciò che è stato fatto nella modernità lo si è fatto in modo approssimativo a discapito della città. A Benevento quando piove le strade si allagano. Succede regolarmente. Accadeva anche dieci e quindici e venti anni fa. Oggi è peggio di ieri perché al danno si sono aggiunti altri danni. Prima si costruiva, oggi si cementifica. Anche il livello di muratori e manovali si è abbassato. Tutti confidano nella tecnica senza saperla padroneggiare. Ma il danno peggiore di tutti è l’uso delle opere pubbliche per l’utilizzo della spesa. Le clientele partitiche hanno capovolto i principi della più classica buona amministrazione: la spesa dei soldi è diventato il fine primo e ultimo dell’urbanistica. E’ questa la strada che conduce con passo sicuro una città all’autodistruzione.
Non so cosa sia il cosiddetto Coc. So che con la città sott’acqua, a Palazzo Mosti si è riuniva il Coc. Per fare cosa? Per dire ai beneventani di fare attenzione, di non prendere l’auto, soprattutto se sotto il livello dell’acqua, di non uscire di casa e roba simile. Insomma, ovvietà. Stupidaggini. L’uovo di Colombo. Anzi, l’uovo alla Coc, come si dovrebbe intitolare questo articoletto. O, forse, si potrebbe intitolare “un’alluvione di nome Pepe”. Ma non voglio ingenerare la sempre sbagliata idea del capro espiatorio. Però, caro sindaco, è bene che alcune cose siano ben chiare a tutti: per sforzi che faccia non riesco a riportare alla tua amministrazione una buona cosa degna di ricordo. Questo è un problema serio che più volte ti ho segnalato, soprattutto quando in tanti ti dicevano di andar via e chiedevano e invocavano le tue dimissioni. Il governo beneventano di Pepe e del centrosinistra si segnala per indagini, inchieste, interrogatori, arresti, debiti, spari, piani urbanistici sovradimensionati e mi fermo qui per non infierire. Se l’impegno profuso per alimentare le clientele di partito ci fosse stato per spazzare la città, pulire i tombini, sistemare i canali di scolo oggi Benevento non avrebbe bisogno di chiamare a raccolta tutti i vigili del fuoco della provincia.
Oggi Benevento è letteralmente in ginocchio. Oggi i comuni della provincia, quelli sempre snobbati e trattati con la puzza sotto il naso, devono aiutare il capoluogo per non farlo annegare nell’acqua, nel fango, nella melma. E’ evidente a tutti che il disastro beneventano non è il frutto di un acquazzone. Mentre Pepe e il Pd alimentavano le correnti, è arrivata la corrente d’acqua e si è portata via la dignità della città.