I Comuni e i luoghi italiani che s’intitolano a santa Agata sono molti. Tutti riportano una specificazione geografica. Tutti tranne uno: Sant’Agata dei Goti. Qui il genitivo passa dalla geografia alla storia. Così la spiegazione del nome Sant’Agata dei Goti diventa affascinante quanto la storia della città.
La tesi più accreditata – avvalorata dalla filologia e dalla storiografia – è quella che unisce il nome della santa con il nome delle genti barbare: i Goti. Indipendentemente se i Goti abbiano fondato la città o ne abbiano mutato solo il nome. I punti di forza di questa tesi, che ha avuto tra i suoi sostenitori anche il gran nome di Ludovico Antonio Muratori, sono:
– la numerosa presenza dei Goti nel Sannio;
– l’esistenza in Roma dell’antichissima chiesa di Sant’Agata dei Goti;
– l’appellativo storico Gothorum – appunto, dei Goti – inciso nella lapide che si trova nel municipio in Palazzo San Francesco, vi si ricorda la venuta del Santo e reca la data del 1282.
Sulle invasioni barbariche non vi sono dubbi. Come non vi sono dubbi, tante e tali sono le fonti, sulla presenza nel Sannio e a Sant’Agata prima dei Goti e poi dei Longobardi. Si può discutere il tempo ma non il luogo: se non vi furono nel V secolo, vi furono nel VI secolo con Totila che entrò nella terra sannita, s’impadronì di Benevento e ne diroccò le mura.
L’esistenza a Roma di una chiesa che ha come nome Sant’Agata dei Goti aumenta indubbiamente il fascino del nome e della storia tanto del paese quanto della chiesa. Perché sono molti gli elementi che entrano in gioco. La chiesa, che si trova in via Sant’Agata dei Goti, all’angolo di via Panisperna, nell’area del Quirinale, alle spalle della Banca d’Italia, è un’ antichissima basilica: fu restaurata dal goto cristiano e ariano Flavio Ricimero nel 470. A cosa doveva servire il restauro del tempio nelle intenzioni del re dei Goti? Per la sua sepoltura come ricorda il Muratori – citato a sua volta dal santagatese Francesco Viparelli – nel suo Novus Thesaurus Veterum Inscriptionum riprendendo l’iscrizione sepolcrale incisa su di una lamina di rame con lettere d’argento e l’iscrizione che figura nel mosaico della chiesa. Erano i Goti devoti della santa di Catania? Non lo si può affermare con certezza – ma non lo si può neanche negare con altrettanta certezza – mentre è fuori di dubbio che si convertirono al cristianesimo in un periodo, peraltro, in cui la religione cattolica non era ancora rigidamente strutturata nelle sue forme ecclesiastiche e teologiche. Ma ciò che è certo, già a partire da papa Gregorio Magno, è l’esistenza del nome Sant’Agata dei Goti riferita alla chiesa della Suburra. Giustamente Dante Marrocco nella sua elegante e misurata nota del 1970 Sull’origine del nome di Sant’Agata dei Goti fa questa importante osservazione: “Era stata una chiesa ariana dei Goti in Roma, quasi come oggi sarebbe una chiesa luterana nazionale tedesca in Roma”. Il collegamento tra la santa e i barbari solo apparentemente passa in secondo ordine mentre è fondamentale sapere e sottolineare che quella chiesa era considerata proprio “dei Goti”: una sorta di chiesa nazionale in Roma dove prevaleva il culto romano-cattolico. L’incontro tra i Goti e quella chiesa romana, dunque, non solo è un elemento filologico certo ma è anche un fatto storico di grande importanza perché è sancito e rispettato da un grande papa come Gregorio Magno, appunto. Un incontro che, avvenuto una volta a Roma, è molto verosimile che sia potuto realizzarsi anche in un altro luogo che ha lo stesso nome: Sant’Agata dei Goti. Il culto di santa Agata giunge nella campagna italica attraverso Capua e l’incontro con i barbari – i Goti prima e i Longobardi poi – precede e non segue la costituzione della stessa diocesi che successivamente, come osserva acutamente il Marrocco, ne riprenderà il nome: agathensis e successivamente sanctae Agathae Gothorum. E’ probabile che la chiesa santagatese in cui si concretizza l’incontro e il culto cristiano dei Goti con la fanciulla santa fosse la chiesetta di Sant’Agata de Marenis che, dopo la sua demolizione, è ancora citata dal Viparelli come chiesa dei Goti poi passata ai Longobardi, tanto che in quella chiesa venne collocata la lapide di Madelgrima che fu consorte del gastaldo santagatese Rodoaldo che fu anche conte di Benevento. Insomma, la presenza dell’elemento germanico nella storia del luogo, dei culti e delle sue genti in questa città passata alla storia con il nome di Sant’Agata dei Goti è non solo esistente e caratterizzante ma anche, considerando l’oscuro periodo altomedievale, abbastanza preciso.
La lapide del 1282 si legge nel chiostro dell’ex monastero dei frati francescani oggi sede del municipio. E’ un documento importante proprio per la data che indica. Quando, infatti, nel 970 Landolfo, arcivescovo di Benevento, rifonda e ripristina la diocesi santagatese non usa l’appellativo Gothorum che non si troverà poi neanche nei documenti normanni, svevi, angioini e passerà nell’uso comune solo con l’intensificarsi delle visite e relazioni diplomatiche e feudatarie e la nascita del “nuovo mondo”. Tuttavia, quel Gothorum – nella sua forma abbreviata Gotor – scolpito nel marmo della lapide francescana con la data del secolo XIII è un documento centrale, a meno che non lo si voglia considerare falso o posteriore.
Sulla base di questi molteplici elementi e sulla base della storia antica e altomedievale in cui le genti germaniche prima distruggono il mondo antico e poi si fondono con le genti romane e italiche e ne assumono e ringiovaniscono usi e costumi s’intende il nome di Sant’Agata dei Goti e si comprende la sua storia.
Sull’origine del nome di Sant’Agata dei Goti esiste, però, anche una seconda e più recente tesi. Secondo questa tesi, nata in ambito ecclesiastico, la specificazione “dei Goti” non sarebbe da riferirsi ai Goti bensì alla famiglia de Goth che in un periodo molto turbolento della storia d’Italia, della Chiesa e dell’Impero – la cattività avignonese – avrebbe tenuto in suo possesso per volontà del re di Napoli Roberto d’Angiò il feudo di Sant’Agata sottraendolo alla più importante famiglia degli Artois la quale poi ritornò ad impossessarsi del feudo di Sant’Agata. La famiglia de Goth, imparentata con Clemente V – Beltrando de Goth – e legata anche al suo successore Giovanni XXII avrebbe retto almeno in parte il feudo santagatese – la certezza non è assoluta – per circa trent’anni fino al 1338. Con la presenza della famiglia de Goth, osteggiata dagli Artois, il nome di Sant’Agata sarebbe diventato per volontà della stessa famiglia Sant’Agata de Goth che poi si sarebbe via via trasformato fino al definitivo Sant’Agata de’ Goti o Sant’Agata dei Goti. La tesi è molto debole e presenta molte contraddizioni e incongruenze.
La prima incogruenza è palese: la tesi per essere sostenuta ha bisogno di far passare sotto silenzio circa mille anni di storia, quelli in cui nasce e si sviluppa la fusione tra genti germaniche e mondo antico e romano-cristiano, ma paradossalmente indebolisce anche se stessa dal momento che il nome della famiglia de Goth non rimane immobile e nelle sue trasformazioni semantiche approda alla fine, guarda caso, all’origine: ossia dei Goti.
La seconda considera inedita la formula “Sant’Agata dei Goti” che invece è storicamente esistente da almeno 800 anni prima dell’arrivo dei de Goth.
La terza censura addirittura l’esistenza della chiesa romana in cui si stabilisce in modo innegabile l’unione tra il culto cristiano e i Goti fino a fare della chiesa una chiesa ariana dei Goti in Roma.
La quarta non prende in considerazione la lapide francescana del 1282 in cui l’appellativo Gothorum precede e non segue i de Goth.
La quinta non ritiene di notare che dopo il breve periodo dei de Goth c’è il ritorno dei loro nemici, gli Artois, i quali come primo provvedimento da buoni nemici avrebbero dovuto cancellare la stessa memoria dei loro rivali e intestarsi il feudo.
Si potrebbe continuare ma ce n’è abbastanza per considerare l’ipotesi dell’origine del nome di Sant’Agata dei Goti dalla famiglia de Goth inconsistente. Si consideri, inoltre – ma lo si fa di passata – che il nome esteso Sant’Agata dei Goti – nelle sue varie formule: “De Goctis”, “de Goti” e “delli Goti” e “de’ Goti” – compare nelle carte, nella cartografia e nei testi a partire da dopo il 1500, quando cioè si intensificano le relazioni diplomatiche, nasce l’esigenza della conoscenza e ricognizione del territorio, dei feudi e dei regni e si sviluppa la stampa. Ma, soprattutto, la tesi de Goth la possiamo definire neoguelfa perché è fin troppo evidente che, anche in modo maldestro al limite della manipolazione, vuole separare l’elemento cattolico – il nome della santa – da quello barbaro senza il quale, però, il senso stesso della storia medievale viene a cadere. Oggi, purtroppo, questa tesi semplificatrice e tendenziosa è proposta come la verità, piuttosto che – come richiedono il buon gusto e il buon pensiero – come ipotesi o mera curiosità, a viaggiatori e turisti che involontariamente così sono portati a travisare e ignorare l’origine del nome di Sant’Agata dei Goti e il suo fascino millenario.
Eccellente analisi di Gianfranco Desiderio…l’interesse storico viene ora a essere amplificato con l’elezione di Bill De Blasio a sindaco di New York..dove si potrebbero trovare notizie sulle origini della famiglia De Blasio…? se da una parte e’ vero che Bill ha caratteristische fisiche “nordiche” e si potrebbe pensare a discendenze gotiche o longobarde, dall’altra e’ possibile che gli antenati siano arrivati da altrove…!
Scusate il pasticcio sul nome Giancristiano…!Spero che qualcuno abbia informazioni su nome/origini De Blasio…!