L’emergenza carcere esiste. L’espiazione della pena non è la vendetta dello Stato. La detenzione è occasione per operare il recupero del condannato. Parole sacrosante. Verità scolpite. Esercizio dei diritti costituzionali. E’ legittimo avviare iniziative politiche su questi temi come fanno da sempre i Radicali di Marco Pannella nel promuovere quesiti referendari sulla giustizia e appellandosi al Presidente della Repubblica nell’invocare un provvedimento di amnistia.
Sui diritti non ci sono colori e appartenenze politiche che tengano. Sono battaglie di civiltà. Detto questo però non posso che rilevare una strana quanta sospetta agitazione in alcuni settori del Pdl e di un ampio pezzo del centro sinistra. Voglio anche comprendere il clima di pacificazione ma trovo davvero fastidioso, inquietante e meschino nel trentennale della morte di Enzo Tortora, vittima di una giustizia ingiusta, usare quella storia che è altra storia accostandogli accanto un personaggio come Nicola Cosentino.
L’ex sottosegretario all’Economia nell’ultimo governo Berlusconi è rinchiuso nel carcere di Secondigliano dallo scorso 15 marzo in regime di detenzione cautelare perché accusato di associazione di stampo mafioso e sotto processo in due diversi procedimenti penali dove compaiono frequentazioni con i Casalesi. L’ex potente coordinatore campano del Pdl ha combattuto strenuamente per essere ricandidato e conquistare lo scudo dell’immunità parlamentare ma purtroppo per lui, il suo nome è stato inserito nel gruppo degli impresentabili. I suoi amici che poi sono amici di altri amici davvero non se ne fanno scappare una.
Il partito trasversale pro Cosentino che ha robusti terminali e rappresentanze in Parlamento frigge. I segnali sono di profonda insofferenza. Le dichiarazioni di autorevoli esponenti politici come Nitto Palma, presidente della commissione giustizia del Senato seguono un solco preciso: occorre una rivisitazione profonda del regime di custodia cautelare. Il lavorio degli ambasciatori non si ferma un attimo. L’ufficio del ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri è preso garbatamente d’assalto. Si studia, si progetta, si immagina una norma che intervenga e regolamenti la carcerazione preventiva quando un imputato è accusato di associazione esterna.
Qualcuno già parla di sartoria legislativa per cucire un vestito addosso all’ex deputato Cosentino e farlo uscire di prigione. Staremo a vedere. Certo se davvero si adottasse un provvedimento del genere tanti mafiosi, camorristi e ndranghetisti in attesa di giudizio definitivo tornerebbero liberi. Altro che trattativa Stato-Mafia e la revoca della detenzione al 41 bis con un tratto di penna. Se maturasse una riperimetrazione della norma della custodia per reati di associazione con l’aggravante dell’articolo 7, a valle avverrebbe un tsunami devastante. Ecco non sarebbe proprio un segnale di forza di questo esecutivo nella lotta alle mafie.
Sono trascorsi 30 anni dalla morte di Tortora, quella vicenda deve insegnarci profondo rispetto quando si limita la libertà di un uomo o una donna e quando altre donne e uomini devono emettere una sentenza di giudizio. Quella storia dev’essere monito delle coscienze e vissuto da difendere dagli assalti di chi proprio attraverso quella storia drammatica vuole costruirsi un alibi.
Allora come non concordare con le parole di Gaia Tortora in risposta a Silvio Berlusconi che per giustificare la sua “innocenza” e l’indiscriminata azione dei giudici ha tirato per la giacchetta proprio Enzo Tortora: “Ero preparata. Caro Silvio, mio padre era un’altra storia. Un’ altra persona. Ognuno risponde alla sua coscienza”.
(dal blog di Arnaldo Capezzuto su il Fatto Quotidiano)