Vi dico in due parole che cos’è per me e per il mio belpaese – Sant’Agata dei Goti – il festival del bacio in questo lungo tempo di crisi: una piccola macchina della gioia. Lascio ad altri, che sono molto più bravi e preparati del soprascritto, l’analisi dei costi e dei benefici, il conteggio delle presenze, le ragioni e i torti del turismo e della cultura. Prendo per me solo una piccola considerazione sulla gioia per il semplice motivo che il mio paese, anche se bello ed elegante e perfino maestoso, non è gioioso ma triste. Perché? Perché al suo interno non ha mai avuto una macchina della gioia ma una infaticabile macchina del fango. Un ingranaggio che non s’inceppa mai ed agisce a più livelli: dall’ambito familiare alla lotta politica, dai rapporti sociali al lavoro. Una macchina infernale, che agì perfino contro un santo come Alfonso, che ha il suo motore nell’invidia e impedisce al mio paese di essere una comunità. Tutti i santagatesi lo sanno ma nessuno lo dice in pubblico, come se fossero panni sporchi da lavare in famiglia. Ma un paese non è una famiglia, dovrebbe essere qualcosa di più grande.
I ragazzi del festival del bacio – mi fa piacere notare che tra loro ci sono anche alcuni miei alunni di qualche anno fa – hanno fatto la cosa più semplice che si possa fare se si vuol lavorare vivendo il centro storico santagatese. Si sono riuniti e hanno tirato fuori un’idea, almeno una, sulla quale poi hanno puntato. L’idea di quest’anno è elementare: mostrare i santagatesi ai santagatesi. Hanno fatto delle fotografie a giovani e vecchi, madri e figlie, commercianti e vitelloni di ieri e di oggi, le hanno trasformate in grandi immagini e manifesti e le hanno disseminate per il centro storico. Così i santagatesi hanno potuto rivedere se stessi mentre, inserita tra le due parentesi che sono un po’ l’immagine del festival 2013, leggevano la scritta “meglio insieme” che traduce il classico “l’unione fa la forza”. Retorica? Certo, retorica. Che potrebbe anche essere capovolta da un altro classico detto popolare: “Meglio solo che mal accompagnato”. Ma non è questo il punto.
Piuttosto. Anche la retorica ha la sua importanza. E qui l’importanza non è da vedersi nelle persone che verranno da fuori ma nelle persone che verranno da dentro. Il festival del bacio non conta tanto per i forestieri ma per gli indigeni. A Sant’Agata dei Goti i forestieri sono sempre venuti e continueranno a venire, almeno fino a quando ci sarà la bellezza e la storia del centro storico. Ciò che a Sant’Agata dei Goti è assente è uno spirito comunitario in cui i santagatesi si sentano uniti in un lavoro che accomuni i loro sforzi. Ma il centro storico santagatese può essere messo a tema solo se si realizza questa unione di fondo dei cuori e delle menti, delle volontà e delle intelligenze e si tralascia la sterile invidia che non tarda a diventare maldicenza e calunnia. So di non esagerare perché la storia della calunnia santagatese l’ho ricostruita storicamente e proprio sulla base della conoscenza storiografica del mio amato paese posso dire che abbiamo bisogno almeno di provare ad attuare una riforma dei nostri costumi e della nostra convivenza civile. La macchina dell’invidia va sostituita con la macchina della gioia o del buon lavoro. Si può fare perché la bellezza di Sant’Agata dei Goti è il vero bene democratico che può giovare a tutte le intelligenze e volontà bendisposte.