La mattina del 12 novembre 2003 ero in redazione a Roma. Al quinto piano del palazzo in via Barberini, poco prima del Largo Santa Susanna, c’era – è lì tuttora – la redazione di Libero. Eravamo quasi pronti per la riunione del mattino. Quando arrivò – non ricordo come, se attraverso agenzie o con la televisione – la notizia del dramma di Nasiriyya. Tutto cambiò. Le notizie furono crude e cruente da subito. Si capì che vi erano molti morti e che l’attentato in Iraq aveva come obiettivo noi italiani. Non era un errore. Quello stesso giorno, nel pomeriggio, andai insieme con il deputato di Alleanza nazionale, Filippo Ascierto, a far visita ad alcune famiglie che avevano ricevuto dal governo la notizia della morte del proprio caro impegnato nella operazione militare Antica Babilonia. Allora, come in seguito, mi colpì la compostezza del dolore di quelle famiglie e di quegli italiani. Di quelle mamme e di quei padri. Di quelle mogli e di quei figli e figlie. Era dalla seconda guerra mondiale che l’Italia non aveva lutti militari. Ecco perché nella villa comunale di Luzzano, nel comune di Moiano, hanno fatto bene a collocare oggi un monumento per i caduti di Nasiriyya accanto al monumento ai caduti delle due grandi guerre europee o mondiali. Un giusto e sentito tributo a dieci anni dalle morti.
“Lo Stato non dimentica i suoi migliori uomini” ha detto il colonnello Antonio Carideo, comandante provinciale dei carabinieri di Benevento, nel suo discorso per la cerimonia di inaugurazione del monumento ideato dall’artista Angelo Viola. In quella piazza, quasi uno slargo o una radura naturale tra le verdi colline caudine, c’era tanta gente che non era gente ma popolo. Queste cose nei paesi possono ancora accadere. I carabinieri, con la loro Fanfara, erano circondati dall’affetto e dal sincero sentimento di gratitudine di tante persone semplici come le mamme con i figli al seguito, i padri di famiglia, le ragazze in fiore, il maresciallo, il farmacista, qualche giornalista, i vecchi, i reduci, le maestre con i bambini più piccoli e i più grandicelli. Un’Italia che somiglia più a quella del secolo scorso che a quella del secolo nuovo. Un’Italia che, forse, ha ancora qualcosa di buono da dire.
Come le parole, non prive di emozione, del sindaco di Moiano, Pietro Palma che ha sottolineato la “ferma volontà” con cui si è voluto il monumento per i diciannove caduti di Nasiriyya. A voler intendere e dire con partecipazione che nulla avrebbe potuto impedire non tanto la cerimonia di inaugurazione del monumento quanto la cura della memoria dei carabinieri e civili caduti in terra lontana perché “Moiano e Luzzano hanno i carabinieri nel cuore”. Sono parole semplici ma nella semplicità si può esprimere la verità: la riconoscenza nei confronti dei carabinieri è figlia di un sentimento di patria che è la forma moderna della morale con cui abitiamo la terra dei padri. Il senso della nostra storia moderna è questo. Invano lo si cercherebbe altrove. E anche i caduti di Nasiriyya appartengono a questa storia.
Mentre il colonnello e il sindaco pronunciavano i loro discorsi, ascoltavo il sottofondo: il vocio dei bambini e delle bambine che con le loro giovanissime vite erano un inno alla gioia. Certamente non ascoltavano i discorsi del colonnello e del sindaco ma il lavoro dei carabinieri e perfino quello del sindaco è, in fondo, finalizzato alla crescita dei fanciulli e anche alle loro monellerie. E tuttavia, come erano composti quei fanciulli. Ogni bambino e ogni bambina, seguiti della maestre, aveva una maglietta bianca con scritto in petto il proprio nome e sotto l’immagine dedicata al ricordo dei caduti in Iraq. Forse non c’è cosa più bella al mondo che vedere insieme i bambini e i militari che rappresentano al meglio il senso della vita civile, la sua custodia e la sua lotta, la sua pace e la sua guerra. Mentre andavo via, una mamma ferma un carabiniere – si chiama Nicola, ha in mano il flauto con cui ha suonato – e lo fa salutare dalla sua bambina. La piccola lo guarda come incantata. Il giovane carabiniere l’accarezza e le dà un bacio. Forse è vero, qui, a Moiano e a Luzzano, in questa piazza tra le colline, hanno i carabinieri nel cuore.