Philippe Daverio ha scoperto l’acqua calda ma a volte anche l’acqua calda va scoperta. Davanti alla monumentale Reggia, su una carrozza trainata da un cavallo, con al fianco il sindaco Del Gaudio, Daverio ha espresso un solo ma rilevante concetto: “Salvare la Reggia di Caserta – ma anche quella di Carditello – è una questione di rilevanza europea”. Il degrado in cui versa la Reggia, infatti, è un problema nazionale che Caserta non è in grado né di risolvere né di amministrare. Non a caso nelle stesse ore in cui Daverio e Del Gaudio erano in carrozza, il ministro dei Beni culturali si accingeva a visitare la Reggia senza avvertire il primo cittadino. Un comportamento sgradevole da parte del ministro apparso in appartamenti e giardini in incognito snobbando la prima istituzione della città.
Ci siamo già soffermati sul destino di Palazzo reale ma mai come in questo caso vale la pena ritornarci: per Caserta la Reggia non è una risorsa ma un problema. La Reggia di Carlo III è uno dei monumenti italiani più importanti, era anche uno dei più visitati ma la sua ricchezza, sia culturale che economica, non è stata mai veramente messa a tema e non è mai realmente entrata in una corrispondenza di amorosi sensi con la città e – come si usa dire – il territorio. Sul piano retorico, naturalmente, è un vanto per ogni casertano ma nei fatti, al di là dei pic-nic, dei tuffi e del parcheggio, i casertani non sanno cosa farsene della Reggia. Non è solo colpa loro. Lo Stato, che da sempre vi ha collocato militari, aerei, uffici, automobili, ha dato una grossa mano dicendo nella pratica e nelle consuetudini che con la Reggia tutto si può fare.
La visita del ministro si muove su questa falsariga che non sembra proprio all’altezza delle parole di Daverio: più che un problema europeo, la Reggia è trattata come una dependance del Mimac. Il degrado contemporaneo ha, infatti, una storia lunga. Tanto che il grido con megafono di Philippe Daverio – “Salvare la Reggia di Caserta è una questione di rilevanza europea” – ha la sua origine nella considerazione con cui lo Stato ha sempre tenuto il monumento del Vanvitelli. Il ministro ha fatto bene a fare il sopralluogo ma la soluzione che cerca al problema si trova nelle stanze del suo stesso ministero. Uscire da questa situazione con le sole forze casertane è un’illusione. Di più: un inganno.
La scena in cui Pio Del Gaudio, al fianco di Daverio, parla da un trabiccolo a un pugno di giovani che sono lì per curiosità e divertimento è ridicola di per sé e da il senso delle sproporzioni. Il sindaco per la Reggia non può nulla. Ha mostrato buona volontà e ha creato un cosiddetto “tavolo” al quale far sedere rappresentanti del più e del meno. Appunto, nulla. A quel tavolo, ad esempio, non si è mai seduta la soprintendente David che in questa storia passa un po’ per essere il colpevole e, invece, ne è il capro espiatorio, quindi, a conti fatti è anche lei una vittima, schiacciata dal peso storico e monumentale della Reggia. Però, se a Caserta non può nascere la soluzione del problema, potrà almeno porsi la sua coscienza. Per dirla con Daverio: “La questione di rilevanza europea”.
Dopo i crolli dell’autunno scorso, il ministero ha stanziato 32 milioni di euro, dei quali la terza parte subito disponibili per il pronto intervento. Invece, le solite lungaggini. Così la Reggia continua a perdere pezzi. E continuerà a perderne anche in futuro fino a quando non ci sarà un’amministrazione speciale pensata e fatta solo per governarla. Un monumento così importante e così grande, così vario nei suoi spazi interni ed esterni non può essere amministrato dalla Soprintendenza che tutela i Beni di due province. Non si tratta di costruire un nuovo ente inutile, nuovo centro di spesa e sprechi ma, al contrario, di amministrare al meglio le risorse che ci sono e di riconoscere allo stesso monumento un’autonomia utile alla sua costante manutenzione e valorizzazione.
E’ un problema che Caserta può porre ma non risolvere. Ma se lo sottolineasse con forza e convinzione – anche con la carrozza di Philippe Daverio – già sarebbe un gran passo avanti.
(tratto da Il Casertano)