Prima di scrivere, anzi, dettare il suo capolavoro, La Certosa di Parma, Stendhal leggeva il codice civile napoleonico per rubarne il tono e il ritmo con una prosa semplice e asciutta. Ma il grande scrittore francese amava anche i bollettini bibliografici e tra le sue letture era questa una delle più entusiasmanti. Impossibile dargli torto. Scorrere un bollettino bibliografico equivale un po’ ad addentrarsi in quella biblioteca universale o di Dio che Leibniz immaginava essere la mente divina: il libro che contiene tutti i libri possibili. L’altro giorno, com’è consuetudine bimestrale, mi è giunto il catalogo maggio – giugno 2013 Vecchi libri e stampe della Libreria del Castello a Solopaca. In copertina c’è una stampa di Sant’Antonio Abate. Un libretto divino, appunto.
Se non siete mai stati alla Libreria del Castello a Solopaca non sapete cosa vi siete persi. Bellezza, cortesia e civiltà. Si trova sul Corso Stefano Cusani, che è una gloria locale della filosofia del secolo decimonono. La dirige, insieme con il marito, Giuseppina Casillo con la sua eleganza naturale. Quando, qualche anno fa, capitai un po’ per caso, un po’ per destino da queste parti, dopo aver visto, letto, consultato mi presentai e con un malcelato compiacimento seppi che i gentili signori mi conoscevano e conoscevano anche il mio caro amico Fabrizio d’Esposito, ora giornalista de Il fatto quotidiano e un tempo corsaro di Libero e poi fondatore del Riformista di Polito. Perché la bottega libraria solopachese è conosciuta da un po’ tutti i bibliografi italiani che, vi assicuro, non sono pochi e Fabrizio, con il quale ho diviso per anni la casa e le ore del giorno e della notte in via del Pellegrino a Roma, è un bibliofilo sui generis, anche se in fondo il bibliofilo o è sui generis o non è. Un figlio di Solopaca come Gennaro Malgieri è affezionatissimo cliente e visitatore della libreria antiquaria e se non lo conosco male ho capito che è orgoglioso di sapere che l’unica bottega di libri antichi e di antiquariato del Sannio si trovi nel suo paese natale in cui ritorna sempre più spesso come si ritorna alla radici e alle origini. L’ultima volta che ci siamo visti nella sua casa paterna aveva tra le mani proprio il bollettino bibliografico e aveva già bloccato un libro della seconda metà del Settecento di Alfonso de’ Liguori.
La Libreria del Castello è una bottega perché non solo ci sono i libri in vendita ed esposizione ma anche un laboratorio in cui i testi sono catalogati, lavorati, archiviati: è la Certosa del libro. Perché una buona libreria antiquaria non può esistere senza un sentimento religioso. Quando entro nelle librerie moderne, quelle che all’ingresso hanno anche gli agenti della vigilanza, sono preso da un sottile senso di disagio che via via diventa più pervasivo fino a tramutarsi in vera angoscia. Per liberarmene devo uscire, andar via, cambiare luogo o cercarne uno che sia tale. Quando entro in una libreria antiquaria mi sento a casa, accolto in un luogo per me familiare che un po’ mi riporta indietro negli anni della mia famiglia e un po’ mi fa viaggiare nella storia nazionale ed europea che è la casa più vasta alla quale appartengo, apparteniamo. Una delle prime cose che mi è saltata agli occhi in quest’ultimo bollettino della Libreria del Castello è la ricchezza dei testi foscoliani: la poesia, le prose letteraria, le prose politiche, le lettere. Al numero 482 leggo: FOSCOLO Ugo. Ultime lettere di Iacopo Ortis. Settima edizione aggiuntovi i ragguagli intorno alla vita di Ugo Foscolo, il Carme sui Sepolcri, e varie critiche osservazioni. Londra, 1833. 16°, mz. pelle coeva, tit. e ricchi fregi in oro al dorso, pp 358 complessive, con ritratto inciso in rame f.t. all’antiporta. Minime, naturali fioriture, es. molto ben curato. Volete sapere quanto costa questa bellezza? 80 euro.
Qualche riga sotto leggo un’altra cosa per me molto bella e attraente: l’epistolario di Giuseppe Giusti ordinato da Giovanni Frassi, sono due volumi Le Monnier del 1859. Poi un libretto di Matilde Serao del 1897 e il romanzo Canne al vento della Deledda, editore Treves, 1913, e Le Canzoni di Re Enzio. La Canzone del Carroccio del Pascoli per lo Zanichelli di Bologna, 1908.
Sul Pascoli c’è anche lo studio critico di Croce e ci sono i classici Canti di Castelevecchio, vedo un saggio di Chabod sul Principe del Machiavelli, una Storia della letteratura italiana di Papini, La Sofonisba del Trissino, La battaglia delle vecchie con le giovani del Sacchetti pubblicata per la prima volta da Basilio Puoti, che fu maestro del Da Sanctis, nel 1819; e visto che ho citato il grande irpino voglio anche nominare un suo scolaro come Angelo Camillo De Meis del quale il bollettino presenta una rarità del 1848: Teoria dei fenomeni acustici della respirazione. E, vi assicuro, potrei continuare all’infinito.
Un tempo le librerie antiquarie erano “le altre librerie”: c’erano le librerie e poi c’erano le librerie antiquarie. Credo che oggi, per la singolare storia che sta attraversando l’editoria e quel prodotto nato perfetto che è il libro, il rapporto si sia capovolto: le botteghe antiquarie e gli studi bibliografici sono le vere librerie mentre “le altre librerie” sono le altre librerie che non si sa più che cosa siano.