Gent. Mo Dott. Ingroia, posso sbagliare, ma credo che Lei sia stato a Benevento in tre circostanze. Nel marzo 2010, invitato da Altrabenevento, per discutere la questione delle intercettazioni, in un Comunale pieno, per ascoltare lui e De Magistris, allora pezzo pregiato dell’Idv (c’ero). Qualche mese fa, al Museo del Sannio, per la campagna elettorale di Rivoluzione Civile, sfortunato cartello elettorale, scioltosi subito dopo il mancato quorum (non riuscii a vederla perché malato tornai a casa), e oggi, in mattinata per discutere del suo libro (Io so), nel pomeriggio per varare la sezione sannita di Azione Civile, il suo nuovo movimento.
Stamattina ero con la mia classe liceale a seguirLa, essendo l’incontro organizzato dall’Università, all’interno di periodici appuntamenti dedicati alla legalità e, anche da elettore di Rivoluzione Civile, volevo approfittarne per qualche considerazione.
La prima è di ordine organizzativo. Pur essendo stati i quattro interventi di stamane (Squillante, Santucci, Forte e Realfonzo) pieni di spunti interessanti, è evidente che il pubblico fosse lì per ascoltare non solo un personaggio “mediatico” ma anche uno dei magistrati più preparati sulle questioni che erano oggetto dell’incontro (l’incidenza delle mafie sul tessuto politico ed economico). Il Suo intervento è durato circa mezz’ora, riservandoLe una parte finale (dopo le 13,00) di dibattito. Non era possibile – chiedo ora agli organizzatori – ridurre il numero degli interventi o la loro durata per consentire un maggiore approfondimento di un’ospite così importante? Inoltre, ho avuto l’impressione che, a parte Squillante, nessuno dei presenti avesse letto il libro, ciascuno elaborando tematiche proprie del proprio ambito disciplinare (lavoro, Costituzione, economia).
La seconda è sulle cose dette da Lei. Tutte condivisibili e ben riportate nelle cronache apparse ieri. Io voglio rimarcare il Suo appello a non delegare alla magistratura la lotta alle mafie. Solo la cultura e l’impegno civile potranno, insieme alla magistratura, mettere in crisi un’organizzazione che si è perfettamente integrata nel “sistema Italia”. La mafia non può esistere senza lo Stato. Ha bisogno della sua connivenza e della sua convivenza. Mi veniva in mente il titolo dell’ultimo romanzo di Walter Siti, Resistere non serve a niente. Il Suo messaggio, fortunatamente, era esattamente opposto. Bisogna attrezzarsi per resistere, ma ben consapevoli che il “livello” dello scontro non è quello della manovalanza ma quello politico ed economico. Questo spiega, ovviamente, la Sua decisione di tentare il salto nella politica. Non fa una piega. E Lei sta pagando sicuramente a caro prezzo questa scelta, almeno per ora.
E qui passo alla terza considerazione. È davvero il piano della politica quella sul quale può dare il contributo migliore a questa lotta che appare senza fine? La campagna elettorale non ha messo in luce (anche nella parodia celeberrima di Crozza) limiti strutturali? Il politico, sia che lo si concepisca machiavellicamente sia in qualunque altro modo, non necessità di “virtù” che sembrano mancare a Lei? Mi permetto, dunque, con tutta l’umiltà possibile, di suggerirle, da suo elettore ed estimatore, “militante” di un piccolo segmento della sinistra smembrata italiana (ALBA, che con Lei ha dialogato fittamente) un’altra strada. Oggi tutti eravamo presi dalle Sue parole. Si vedeva, insomma, che, nell’ambito di Sua pertinenza, è un’autorità assoluta. Io credo, dunque, che il Suo contributo dovrebbe collocarsi proprio sul piano della cultura che evocava. Nell’aver consentito ai partiti (ai “morti” come li definì Leoluca Orlando) di divorare i vivi, nel non aver saputo arginare la pretesa di Idv, RC, PdCi e Verdi di usare Rivoluzione Civile come zattera per arrivare in Parlamento, ha mostrato un tratto “impolitico” che ha segnato il destino di questo già fragile vascello. Nei dibattiti televisivi pareva incapace di fronteggiare vecchie volpi della comunicazione e della politica. Oggi ha riscosso unanime consenso. Dunque, rimanga, anche se vuole con un movimento suo, ma non politico, nella zona di frontiera fra magistratura, divulgazione e impegno culturale. Continui a portare, girando per l’Italia, parlando con i giovani come i miei allievi, la sua straordinaria esperienza e conoscenza. Se la battaglia contro le mafie è prima di tutto culturale, Lei può essere la punta di diamante di uno schieramento che sarà ben più ampio di quello cui potrebbe aspirare con l’ennesimo partitino dello zero virgola.
Con stima