Dopo le elezioni del 2008, Edmondo Berselli scrisse un libro intitolato Sinistrati. Era la storia sentimentale di una catastrofe politica ampiamente annunciata. La sinistra era stata sinistrata non tanto da Berlusconi e dalla sua corazza da Caimano quanto dalla stessa sinistra e dalla sua arte divina di essere coglionata dal mondo. Ma se il mondo è di destra – diceva Berselli con la sua ironia e la sua amarezza – noi che cosa abbiamo fatto di male per nascere di sinistra? Ma al peggio non c’è fine. A sinistra. Se il grande e simpatico Edmondo fosse ancora tra noi, che cosa direbbe oggi della sconfitta elettorale del 2013 e dei suoi “postumi”? Un conto è perdere nel 2008, quando si usciva dal dramma del governo Prodi caduto su se stesso e con i ministri che manifestavano contro lo stesso governo, e altra cosa è stato perdere nel 2013 quando alle spalle c’era il disastro di Berlusconi che aveva condotto l’Italia ad un passo dal fallimento e dal “pianto greco”. Eppure, la sinistra sinistrata è riuscita in questa difficilissima impresa di autolesionismo: l’odiato Berlusconi è ora un suo alleato ed è più forte di prima, nonostante i guai giudiziari o, forse, grazie ad essi ma, soprattutto, nel campo sinistrato la sinistra ha perso la sua egemonia e ha visto nascere un movimento radicale che è figlio, per la larga parte, della sua stessa pseudo-cultura antagonista e dello spirito giacobino che si porta in grembo fin dalla nascita: il grillismo.
Ho già avuto modo di parlare della sinistra grillina e di individuare nel peccato originale della sinistra – il giacobinismo – l’esistenza del movimento dei grillini nonché l’illusione della sinistra sinistrata di poter riassorbire in sé il movimento di Grillo e Casaleggio. Ritorno sull’argomento perché è stato toccato oggi anche da Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera. Anche Galli Della Loggia individua nella stessa sinistra e nel suo vizio di accarezzare e coccolare i movimenti radicali e antagonisti l’origine politica del movimento antipolitico di Grillo. Un giochetto che il vecchio Pci, che era un partito ideologico ma realista al limite del cinismo, sapeva praticare molto bene. La sinistra sinistrata, invece, si è illusa di saperlo ancora praticare e ora ne sta pagando la colpa. Lo stesso tentativo di Bersani di trovare un’intesa con Grillo e il suo movimento rientra in questa illusione di poter esercitare ancora un’egemonia politica e culturale su una pseudo-cultura che invece aspira ora alla piena autonomia. Detto in due parole: il Pd non ha più a sinistra il suo naturale primato.
Il mondo grillino è portatore di un’antropologia o di una sottocultura la cui caratteristica principale è l’estremismo o radicalismo democratico che si manifesta nell’egualitarismo, nel giustizialismo, nel pauperismo. Il grillismo crede nel mito della trasparenza totale che, annullando la distinzione tra vita pubblica e privata e ignorando che persino la luce vuole l’ombra, è già una forma di totalitarismo. Il grillismo trasforma la Costituzione in un feticcio arrivando così a trasformare la cultura del costituzionalismo, che si fonda sul senso del limite, in un giurisdizionalismo universale o in un’etica fanatica. Il grillismo, proprio come il radicalismo antagonista che è sempre cresciuto a sinistra ma che in questi venti anni post-ideologici è diventata la vera e unica forma di ideologia vivente, è allo stesso tempo individualista e statalista. Il suo ideale è l’individualismo statalista che snatura tanto la libertà individuale quanto la funzione statale e genera un mostro che altro non è che un potere pervasivo che in nome della democrazia uccide la libertà. Il grillismo mischiato con la sinistra grillina è una forma di barbarie che ha nell’Uguale il suo impassibile dio assetato.
Io non sono mai stato comunista ma se oggi esistesse qualcosa di vagamente vicino al Pci sarei costretto a dargli il mio appoggio per ricacciare i barbari lì da dove sono emersi. Ma il Pci è morto, anche se nessuno è stato in grado di dargli una buona sepoltura e, forse, il problema italiano sta proprio qui. Il governo Letta – che è in ritardo su tutto: politica, società storia – è qualcosa di simile a una scommessa necessaria. Se si perde, i barbari prenderanno il sopravvento definitivo. A quel punto ci toccherà sperare solo che dalla “barbarie ritornata” si rigeneri ancora una volta il fiore della civiltà.