Aldo Busi ha un altissimo giudizio di se stesso. Pensa che prima di lui ci siano solo Dante e Boccaccio. Petrarca già lo disturba. Una cosa simile la disse anche D’Annunzio. Ma almeno Gabriele scopava, visse come visse e scrisse quella Pioggia nel pineto dell’Alcyone che non muore mai. Busi, invece, ha scritto Cazzi e canguri che per valutare non è necessario ricorrere al giudizio estetico, basta il romanesco “’sti cazzi?”. Una volta Renato Minore parlò di Busi come una promessa mancata della letteratura italiana. E’ stato bravo non a coltivare ma a dissipare il suo talento. Dopo l’esordio con Seminario sulla gioventù si è praticamente perso e ha scritto sempre cose minori e volutamente scandalistiche. Una promessa mancata, appunto. Proprio come la sua assenza oggi a Benevento per la presentazione dei dodici candidati al Premio Strega.
Si sa: chi non c’è è più presente di chi è assente. Si vede di più chi non c’è mentre chi c’è entra in un cono d’ombra. La scelta di Aldo Busi, che avrebbe dovuto parlare di sé e del suo El specialista de Barcelona, è calcolata. Fino all’ultimo centesimo. Lo scrittore di Montichiari vorrebbe cinquemila euro per ognuna delle undici tappe nella varie città italiane e all’estero. Anzi: “Cinquemila euro al netto più spese. Ogni ‘spettacolo di me’ dura circa 75 minuti e mi debilita. Quindi voglio essere pagato o resto a casa a perfezionare allo specchio la rappresentazione di Aldo Busi”. Resterà a casa a perfezionare se stesso ma l’idea di farsi pagare per essere presente insieme con gli altri scrittori e candidati gli è stata sufficiente per porsi al di sopra degli altri senza fare niente. Ma son cose che con la letteratura non c’entrano. Appartengono al folclore.
Busi è fatto così. Prendere o lasciare. Meglio lasciare. Tanto il suo libro c’è e quel che conta è appunto l’opera che va giudicata in sé e non pensando all’autore. Benevento, che si sente un po’ la città dello Strega per il suo legame indissolubile con la famiglia Alberti, non ne farà un dramma. Penserà a Busi come a una strega. I beneventani non conoscono più di tanto Busi e in questo caso non gliene possiamo fare un torto. In fondo, Busi è già uno scrittore del secolo scorso che gioca a recitare stancamente se stesso come essere eccezionale. Ma la cosa straordinaria, oggi, è essere normale. Busi ha perso un’occasione. La sua partecipazione al Premio Strega poteva essere un modo per illustrare la sua idea di letteratura ed essere all’altezza della sua stessa sconfitta. Busi, invece, ha scelto la strada più facile: squagliarsela. Teme l’esclusione e ha giocato d’anticipo. Snobbando anche lo stesso Strega al quale sarebbe presente solo per dare una mano al suo editore (Dalai) con un po’ di pubblicità per permettergli di recuperare almeno le spese della pubblicazione. C’è un sentimento peggiore dello snobismo nei confronti dei premi letterari: la partecipazione ai premi snobbandoli. E’ una forma dissimulata di risentimento che è il frutto del mancato riconoscimento del proprio talento. Busi è un risentito della letteratura italiana: non ha la considerazione dei contemporanei e divulga la favola che avrà per sé i posteri e l’eterno. Ma la sua unica eternità è la sua promessa mancata.