Perdonate l’accostamento. Come c’erano i professionisti dell’anti-mafia, così ci sono i professionisti del calcio, anzi, dell’anti-calcio. Chi sono? Coloro che ritengono, non si sa perché, di essere gli unici titolati, anzi, titolari del giudizio calcistico. Se vi permettete di esprimere una critica pallonara vi guardano con la puzza sotto al naso e se insistete e li dribblate vi accusano di invasione di campo. Ma se di calcio ne discuteva non solo HH ma anche Martin Heidegger, vuol dire che, con rigore e fuorigioco, ne possiamo discutere tutti, senza aver la pretesa di essere tutti l’Arcimatto.
Discutere di calcio (non solo) a Benevento non significa parlare solo di pallone, bensì di società sportiva, giornalismo, storia e politica. Oreste Vigorito ha il merito – riconosciuto – di aver salvato il calcio beneventano dal naufragio e di aver condotto la squadra in Lega Pro o C1. Ma una cosa è il ringraziamento, altra la genuflessione. Vigorito è un presidente, non un padreterno. Ha le sue ragioni ma anche i suoi torti, come ognuno di noi. Il punto, però, che vale la pena mettere in evidenza è che non è Vigorito a dare lustro a Benevento ma è Benevento – calcistica e non – a dare lustro a Vigorito. Capovolgere il rapporto è da camerieri. Se così non fosse, neppure si capirebbe perché Vigorito ha investito nel calcio proprio qui, tra il Sabato e il Calore. Siano benedetti gli investimenti, ma non si creda che gli investimenti siano a fondo perduto. Il calcio, soprattutto nelle serie cadette e a livelli medi, è un buon affare. E Vigorito gli affari li sa fare.
Il giornalismo non è il tifo. La fede calcistica del giornalista è legittima ma quando scrive, parla e persino quando predica la fede non è un buon argomento per la comprensione e, forse, neanche per la propaganda. A Benevento ci sono ottimi giornalisti sportivi e alcuni hanno fatto strada. Io stesso ho lavorato con Franco Santo e di quella collaborazione e di quel tempo faccio titolo di vanto (penso sia così anche per sua santità e non credo di sbagliare). Il giornalismo sportivo sannita – una parte – si trova, però, in campo in una strana posizione. Per i giornalisti del gruppo di Ottopagine, Vigorito non è solo il presidente del Benevento ma anche loro datore di lavoro. Ne deriva una sorta di giornalismo con vincolo di mandato. Un po’ come avviene sul versante politico a Il Sannio. La linea editoriale, la politica societaria, il pre-partita e il dopo-partita fanno tra loro a pugni e chi ci rimette sono la critica e l’informazione smaliziata. Sono cose che possono accadere. In Italia l’editore puro è una mosca bianca. Senz’altro non è giallorossa. Ma non è il caso di drammatizzare. Una cosa, però, è rinunciare alla critica, altra cosa al buongusto. Quando la critica giunge da altre parti bisogna saperla accettare sapendo che in questo modo si rende un buon servigio allo spirito sportivo.
La storia del calcio beneventano e sannita non nasce ieri. Attraversa tutto il Novecento. La Curva Sud porta la data di nascita: 1929. Un po’ di memoria non guasta, forse neanche un briciolo di orgoglio. Dopotutto, la parola “palla” è perfino longobarda. Il Benevento in C1 non vi ha esordito con il nuovo secolo. Una costante del calcio beneventano sono i fallimenti societari che si sono susseguiti a cicli di dieci anni. Il calcio professionistico stenta a stabilizzarsi. Non tanto per motivi calcistici, quanto per ragioni societarie. Si è ancora in attesa di un salto di qualità. Con la stagione della famiglia Vigorito si potrà fare questo salto o prevarranno i ricorsi storici? Porre il problema e dibatterlo non può fare che bene. I presidenti passano ma le società devono restare. Nell’ambiente calcistico beneventano, che tende a ghettizzarsi, se ne discute poco e a mezza bocca. Come se si temesse la libera discussione. Così si oscilla dall’adulazione all’offesa e si scambia la critica per dichiarazione di guerra. Tipico costume beneventano. Non a caso anche la politica ha un pessimo rapporto con il calcio e con il Benevento calcio. Per motivi di basso e miope calcolo elettorale. Si ritiene che il calcio porti voti. Altrove, forse. Ma non a Benevento. L’esperienza di Cotroneo dovrebbe insegnare qualcosa. Ma qui nessuno è disposto a imparare, sono tutti imitatori di Egidio Calloni.