Angelo Covato ci ha rimesso la vita. Ha ucciso il carabiniere Tiziano Della Ratta e ne ha distrutto la famiglia. Ha distrutto anche se stesso. E’ morto stamattina per le conseguenze delle gravi ferite riportate nella sparatoria della scellerata rapina alla gioielleria di via Ponte Carolino a Maddaloni. Della sua giovane età ha fatto un fuoco. Una grande fiamma che lo ha annientato prima nella mente e nel cuore, poi nel corpo. Lo abbiamo maledetto per aver ucciso un uomo buono e un valoroso carabiniere. Ora davanti alla sua morte non versiamo lacrime e non invochiamo il perdono. Ognuno risponde con la propria coscienza. Nelle tenebre in cui è sceso brillerà o no la luce di un dio? Non lo sappiamo e perciò ci fermiamo. La giustizia divina – che sia vendetta, che sia misericordia – è divina e non è umana. Noi qui ci fermiamo. Davanti alla sua morte siamo in silenzio perché la morte vuole rispetto anche quando colpisce un uomo colpevole o, come in questo caso, un ragazzo perduto. Siamo in silenzio e ci interroghiamo sulle generazioni più giovani di un Mezzogiorno d’Italia in cui il crimine diventa una normale scuola di vita.
Entrando armato in quella gioielleria, insieme con i suoi complici, Angelo Covato ha scelto la sua storia. Ha messo in conto il peggio. Si è fatto artefice disumano del suo destino violento. Il crimine era il suo brutale atto di libertà assoluta gridato a se stesso e al mondo. Voleva tutto e subito e pur di averlo non ha esitato a imboccare la strada sbagliata. Quanti ce ne sono come lui? E’ l’interrogativo a cui la nostra vita civile e politica deve provare a dare una risposta. Il procuratore Corrado Lembo ha fatto anche lui una scelta: ha reso pubblico il video della sparatoria della gioielleria fino all’attimo fatale. E’ stata una scelta rapida ma non irrazionale. Le scene più crude e cruente non sono state mostrate (e chi ha visto tutto il filmato ci ha raccontato davvero di cose che voi umani non avete mai immaginato). La scelta del procuratore non è stata casuale. Quel filmato è drammatico. Ci racconta di una giovinezza aggressiva, feroce e spietata che nella sua brama di sopraffazione brucia tutto: noi, se stessa, la giovane Italia. Ma non sarà un filmato a salvare né noi né loro.
Quanto accaduto in quel maledetto sabato in quella gioielleria trasformata in un inferno ha forse il senso estremo del caso e della necessità. Troppe le coincidenze assurde. Diaboliche. Ma i drammi maggiori accadono quando i drammi minori sono ignorati. Quando ci si volta dall’altra parte e non si vede ciò che si vede. Il mondo giovanile meridionale è violento. Lo diciamo senza infingimenti. Senza indorare la pillola. Le giovani generazioni sono violente. La loro brama di vita non diventa nuova energia per rinfrescare e rinverdire la cultura civile ma, al contrario, entra facilmente nell’orbita del crimine. La vita diventa morte. E’ il dramma più serio del Mezzogiorno. Un dramma per il quale oggi nessuno – lo Stato, la politica, la scuola, la Chiesa – ha una risposta.
Mi chiedo : ma chi ha armato la mano di Angelo? Speravo in una giustizia umana, quella di un Tribunale, certamente non gioisco dinanzi alla morte, mai! E se, come è giusto, bisogna sospendere il giudizio quando un giovane uomo muore, non dobbiamo però farlo nel momento in cui siamo tutti chiamati a dare una risposta su quanto omettiamo di fare prima che la pistola arrivi nella sua mano e il dito indichi la strada senza ritorno.
“La vita si paga con la vita”: dopo dieci anni che studio diritto ho scoperto essere questa l’unica legge morale che, prescindendo dalla professionista che sono, come essere umano, riconosco!
…ma la morte di Tiziano mi lascia dubbi e angosce che mi tolgono il sonno…e stavolta non come persona, ma come giurista!
Non mi sento corresponsabile del fatto che un ragazzo di 18 anni ha ucciso. “Non esistono soluzioni preconfezionate di felicità” e se sei così stupido da credere nella filosofia del “tutto e subito”, questa stupidità, è e non può che restare un problema tuo! Forse mi sento corresponsabile di una società che lascia dilagare la delinquenza con una pena che non è punitiva e, sicuramente, neppure preventiva…una pena che fa ridere persino chi, con quella pena, finisce in carcere diventando così un costo, vitalizio (nella migliore delle ipotesi), per tutta la collettività…vitto e alloggio pagati, persino corrente elettrica e possibilità di studi universitari per chi dovrebbe, invece, ripagare il cagionato danno morale e materiale ed infine riabilitarsi!
Siamo nell’era del multinazionale,educazione al consumismo,non credo si possa fare altro,i giovani sono proiettati nel vortice del consumismo, Domani festa della mamma sono vicina alle famiglie.