Tiziano,
oggi, primo giorno di maggio, il mese delle rose, è un giorno speciale. Si celebrano i tuoi funerali. Nell’antico duomo di Sant’Agata dei Goti ci sarà l’Italia ai tuoi piedi. L’Italia ai piedi di un carabiniere. Tu stesso, avvolto in una bandiera, sarai, sei l’Italia. La tua vita è stata consacrata da sempre all’amore per la patria. Le hai donato tutto te stesso e oggi l’Italia è qui a tributarti onore e gloria. L’Italia sei tu.
Una banda di ragazzini, manovrata dal crimine dei gironi infernali della nostro stesso violento e pur amato Mezzogiorno, ha sottratto il tuo amore al tuo bambino, la tua bocca alla tua sposa. La morte è umana ma ci appare disumana perché toglie ai nostri sensi i sensi altrui: gli occhi, le mani, la bocca, la voce, i gesti, il calore, le virtù, i difetti. Ci si consola con pensieri, ricordi e speranze ma ciò che si cerca non sono pensieri, ricordi e speranze. Si cercano gli occhi, le mani, la bocca, la voce, i gesti, il calore, le virtù, i difetti. Nessuno può dare a chi li ha persi i tuoi occhi, le tue mani, la tua voce, i tuoi gesti, il tuo calore, le tue virtù, i tuoi difetti. Quanto è accaduto non si cancella. Neanche Dio può farlo. Dio non è potente. Dio è debole. Lì, sulla Croce. Siamo noi che lo immaginiamo potente perché, per la nostra fragilità, cerchiamo sicurezza. Ma la sicurezza che Dio può darci – donarci – è quella dell’amore misericordioso che trasforma la nostra naturale violenza in forza di bene. Tu, che facevi parte delle forze dell’ordine, altro non eri che una forza del bene. Noi ti abbiamo perduto e oggi siamo qui a piangerti e partecipiamo al dolore dei tuoi cari per prendere sulle nostre spalle e nel nostro cuore un po’ di quel pianto antico per asciugarlo.
Però, Tiziano, c’è una parte di te che non muore. Fino a quando ci sarà una comunità nazionale, tu sarai vivo. Fino a quando ci sarà l’Italia, tu sarai vivo. La morte qui è impotente. La morte non ti ha ucciso. Ti ha sacrificato e ti ha reso sempre vivo fino a quando una nazione intera nel corso della sua coscienza storica e dell’avvicendarsi delle sue generazioni avrà la forza di ricordarti e di nominarti. Lo so, i tuoi cari vogliono i tuoi occhi e il tuo affetto e il loro dolore non trova consolazione nella storia della nazione. Vittoria dovrà essere forte e amare anche per te tuo figlio Alfonso. Ma io non posso avere che queste nude parole che non asciugano le lacrime dell’amore perduto ma volgono lo sguardo al tuo onore e al coraggio del tuo lavoro per la difesa della vita civile degli italiani di oggi e domani. Perciò, oggi, nel primo giorno di maggio, il mese delle rose, è venuto qui a Sant’Agata dei Goti lo Stato in persona a renderti omaggio.
Lo Stato italiano non è da disprezzare come si fa con leggerezza troppo spesso. Lo Stato nazionale, costruito con l’intelligenza, la passione e il sangue di tanti italiani, è la garanzia della nostra stessa libertà europea. Sai, Tiziano, io avevo un nonno che della storia patria e risorgimentale aveva fatto la sua religione civile. Celebrava e onorava la memoria dei poeti e degli scrittori e dei soldati caduti in guerra come eroi classici, proprio come la Chiesa celebra i suoi santi. Ora tra quegli eroi italiani ci sei anche tu che sei caduto nella difesa dell’Italia civile. Un nutrito gruppo di giovani del tuo paese ha proposto, in tuo onore, di cambiare il nome di Piazza Trieste in Piazza degli Eroi. E’ un’idea suggestiva ma non so se sia giusta. Senti come è bello il nome della città: Trieste. E’ un riassunto cittadino del nome Italia. Ma la proposta dei giovani santagatesi testimonia l’amore e il riconoscimento che tutti ti portiamo. Questa testimonianza non muore. Rinasce come i fiori nei campi. Rinasce con la passione civile che il tuo stesso nome, come simbolo dell’Italia che non muore, fa vivere.
Tiziano, oggi, primo giorno di maggio, il mese delle rose, è un giorno speciale.