Nei giorni scorsi, due giornalisti hanno analizzato specificatamente la nomina di due professori quali Assessori del Comune di Benevento. Il primo, Carlo Panella, propende per la tesi che i professori abbiano accettato per grande autostima oppure amore per l’azzardo. Giancristiano Desiderio, invece, ha scritto che per capire se il lavoro dei professori sarà utile sul piano amministrativo – l’unica realtà che effettivamente conta – non ci vorrà molto. Tempo uno due mesi e tutto sarà chiaro: si saprà se la spesa è valsa l’impresa o se i due accademici avranno fatto solo accademia.
Tanto premesso, ciò che sta accadendo in questi giorni è un ottimo test per la verifica delle precedenti affermazioni e mi riferisco ai circa 11mila solleciti di pagamento inviati dal Comune per la TARSU 2010.
Ebbene, la lettura del comunicato diramato dal neoassessore Prof. Coppola è quanto mai deludente nella forma e nella sostanza, per cui credo di aver capito che il medesimo ha accettato la nomina non per i motivi ipotizzati da Carlo Panella, bensì perchè Benevento è un vero e proprio case study. In altri termini, e mi potrò sicuramente sbagliare, ritengo che sia venuto a Benevento per arricchire il Suo curriculum, non avendo avuto in precedenza altre esperienze similari.
Ma andiamo con ordine. In primo luogo, mi sarei aspettato un linguaggio meno burocratese di quello utilizzato e ciò è il meno. Il comunicato,poi, inizia con una sorta di paternalistico buffetto: vedi, caro cittadino, prima di fare i cattivi, cioè inviare l’avviso di accertamento, abbiamo rispettato la legge, perchè Ti abbiamo avvisato. Al riguardo, però, è da osservare che il richiamato comma 5 ex art. 6 Legge 212/2000, si riferisce alla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione. E la dichiarazione che si esegue ai fini della Tarsu, come è noto, non si riferisce agli importi da pagare bensì ai metri quadri e altre caratteristiche dell’immobile. Insomma, come direbbe Di Pietro: non c’azzecca niente. Inoltre, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 8137 del 23 maggio 2012, ha decretato la irrilevanza di tale comunicazione. La massima della sentenza, infatti, così recita: «La cartella di pagamento, costituisce l’atto con il quale il contribuente viene a conoscenza, per la prima volta, della pretesa fiscale. L’emissione della detta cartella, non è condizionata dalla preventiva comunicazione al contribuente ex art. 6 comma 5 Legge 212/2000, la cui mancanza, pertanto, non determina la nullità della stessa.».
Il comunicato, poi, così prosegue: «Il sollecito inviato rappresenta solo una semplice richiesta di produzione dei versamenti effettuati e non risultanti, perché mai pervenuti o pervenuti parzialmente. La semplice dimostrazione – da parte dell’utente – dei pagamenti effettuati all’Ufficio competente annulla qualsiasi azione.». E qui le cose cominciano a complicarsi: l’Assessore dovrebbe spiegare dove sono finiti i soldi relativi ai versamenti non risultanti. Se i versamenti sono stati regolarmente effettuati e confluiti dunque sul conto corrente postale del Comune, esisterà pure un estratto conto il cui saldo ha contribuito alla formazione del bilancio: non si potrebbe configurare allora la figura del falso in bilancio da parte del Comune stesso?
E quale azione potrebbe essere poi annullata se l’iscrizione a ruolo del mancato pagamento non è ancora avvenuta? Mi sembra che non si sia tenuto conto che è stata approvata la legge 228/2012, la quale, dal comma 537 al comma 544 dell’articolo 1, regolamenta ex novo le procedure che gli enti concessionari devono seguire per la riscossione delle somme poste a ruolo. Mi auguro che nessuno di coloro i quali avessero già pagato il dovuto, se ne avvalga, in quanto la macchina comunale potrebbe essere messa seriamente in crisi, sia per questioni di tempo sia per questione di costi irrecuperabili e non mi dilungo sui perchè.
A proposito di costi, tuttavia, mi permetto chiedere: chi rifonderà le spese di notifica degli avvisi così temerariamente inviati? Dal riepilogo delle somme dovute, infatti, contenuto nelle lettere di sollecito, emerge che esse ammontano a ben 6,00 euro, per cui il costo, se, come fondatamente sembra, la stragrande maggioranza degli avvisi è sbagliata, si attesterà almeno sui 60.000,00 euro (il sottoscritto ed altri due suoi familiari, ad esempio, non pagheranno i loro complessivi 18 euro, in quanto hanno regolarmente adempiuto al proprio dovere, nei termini a suo tempo previsti).
Termino e cito una ulteriore, macroscopica carenza normativa: la lettera di sollecito non contiene alcun riferimento legislativo né sulle modalità di compilazione della stessa né sulla mancanza della firma autografa del Funzionario Responsabile TARSU e del Dirigente Settore Finanze. Credo, ad esempio, che l’art. 3, comma 2, del D.Lgs. 39/93 non sia stato ancora abrogato.
Egregio Professore, non me ne voglia, ma al Suo posto, avrei atteso un po’ prima di emettere un comunicato. Quella da Lei fornita, infatti, a mio opinabilissimo parere, sia ben chiaro, è una difesa d’ufficio che mal si adatta al Suo livello universitario, per cui, molto umilmente, prima di addentrarsi in complessi e difficili esercizi sul riequilibrio di bilancio e sulla gestione del piano di rientro, La pregherei di ritornare con calma sull’argomento e di fornire maggiori dettagli, segnatamente sulla “disorganizzazione” comunale, che, sempre a mio discutibilissimo parere, è la causa prima di tutti i disguidi che periodicamente si verificano.
Naturalmente, l’eventuale replica non sarebbe dovuta alla mia persona, ma alla cittadinanza tutta, che si aspetta molto da Lei, non politico di professione. In mancanza, credo mi darebbe ragione sul fatto che è venuto solo per fare curriculum.
Caro Luigi, dovremmo parlare anche del gettito con cui di fanni i bilanci di previsione.