Stamattina ho accompagnato i miei alunni di III A ad ascoltare, nella Sala intitolata ad un grande intellettuale (lui sì!) democratico, due partigiani, lucidi malgrado gli anni, diversissimi fra loro: un carabiniere di origine contadina, sannita (Giuseppe Crocco), che ha partecipato alla liberazione di Genova, ed un’elegante piemontese, staffetta (Marisa Ombra). Entrambi hanno cercato di riannodare il filo di una memoria sempre più labile, in un transito complesso, in cui un po’ alla volta spariscono i testimoni diretti e rimane a noi il compito difficile di tenere viva la fiamma pietosa del ricordo. Mi ha colpito, della Ombra, soprattutto lo sguardo sul nostro tempo, sulla sua corruzione, sulla mancanza di “miti” positivi cui i giovani (cui idealmente è indirizzato il suo libro, Libere sempre) possano guardare, per non rimanere intrappolati nella spietata logica dell’iperconsumismo e della società dello spettacolo ossessionata dai corpi.
Fortini mi ha insegnato che la “memoria” ha senso solo se, paradossalmente, si radica nel futuro. Si sceglie la propria eredità in base al progetto di società che immaginiamo o sogniamo. Bene ha fatto, dunque, Tonino Conte a ribadire, in due diversi passaggi, la condanna del pezzo di città che si riconosce nell’esperienza resistenziale (minoritaria, certamente, come tutte le esperienze luminose della storia italica) della presenza, inutilmente provocatoria e sterile, di Stefano Delle Chiaie, prevista per domani nella stessa sala che oggi testimoniava l’attualità dell’antifascismo. Bene hanno fatto i militanti di Depistaggio a distribuire un documento in cui stigmatizzano l’operato della Provincia e chiedono la revoca della autorizzazione alla manifestazione il cui protagonista fu implicato nella stagione delle stragi nere e sicuramente utilizzato da Augusto Pinochet come manovale dell’orrore. Per una volta, tra l’altro, vari pezzi di sinistra antifascista, malgrado gli infiniti distinguo e, ancora, le polemiche, trovano i motivi di un’appartenenza comune (L@p – Asilo 31 ha ieri, infatti, rilanciato la polemica e invitato a correre ai ripari, pur criticando chi, come il sottoscritto, in passato ha risposto all’invito dell’Associazione “Generoso Simeone” per un seminario). Al di là delle consuete polemiche tra simili, male direi ontologico della sinistra italiana, mi pare importante che tutti chiediamo a gran voce all’amministrazione provinciale, in particolare al Presidente Cimitile, all’assessore Gianluca Aceto, la cui storia politica è tutta dentro la tradizione antifascista, e, soprattutto a Maria Felicia Crisci, per la sua storia personale, di revocare l’autorizzazione all’uso della sala: l’uomo a cui essa è intitolata, come già detto dagli amici del Depistaggio, si rivolterà nella tomba al pensiero che lì dove oggi si parlava di libertà si dicesse “ordine nuovo”, lì dove si è parlato di giustizia si dicesse “disciplina” e “rappresaglia”, lì dove si sono commemorati, pietosamente, i martiri della resistenza al nazifascismo si esaltassero i loro carnefici.