La migliore libreria di Benevento si trova a Piazza Roma. Tre casette di legno, sembrano appoggiate al Convitto Nazionale, che offrono una biblioteca universale al sole, al vento e alla pioggia. C’è di tutto un po’. Testi locali, volumi nazionali, letteratura internazionale, enciclopedie, messali, fumetti. Dirimpetto alle casette librarie ci sono delle panchine sulle quali si siedono gli amici del libraio. E’ il salotto letterario più importante della città che dibatte temi classici, intramontabili come il calcio, le donne, il malgoverno, le malattie, vita, morte e memorie. Ma lo si fa con il velo dell’ironia o, per dirla con un’espressione italiana che forse non ha equivalenti in altre lingue, con garbo. Non posso nascondere a me stesso di sostare a volte davanti alle scansie di libri per ascoltare i discorsi dei titolari delle librerie e dei loro panchinari mentre scorro titoli e copertine. I loro discorsi orali si intrecciano con i discorsi scritti e nella mia testa, come un rimando platonico, gli uni sembrano alimentare gli altri.
L’altro giorno ho trascorso in libreria a Piazza Roma una buona mezz’ora. Vi ho trovato non poche cose ma non ho potuto prendere tutto. Alcuni titoli li ho lasciati per avere una buona scusa per ritornare e prendere Il malloppo di Giampaolo Pansa – libro ancora attualissimo -, alcune cose di Luigi Sturzo, un romanzo di Aldo Busi e un opuscolo sulla figura ottocentesca di Stefano Cusani che è la gloria filosofica di Solopaca. Che cosa ho preso, allora? Beh, libri che non trovate nelle librerie – diciamo così – ufficiali, quelle che sono quasi obbligate a cambiare i libri ogni tre mesi. Ho preso due romanzi di Alberto Moravia: L’amore coniugale nella bella edizione Bompiani del 1958 e L’attenzione nella edizione del 1965 sempre per la casa di Valentino Bompiani. Mi è sempre piaciuto leggere l’autore de Gli indifferenti per la sua prosa pulita e asciutta ma, soprattutto, mi piace leggere le opere della letteratura italiana del Novecento nelle prime edizioni. Mi sembra che ci sia più gusto. Lì vicino, in alcune librerie che i venditori di libri usati – sempre abbronzati per il sole che prendono non solo a giugno e luglio ma anche a dicembre e gennaio – collocano davanti alle casette come se fossero in vetrina, c’era anche un testo di Alberto Bevilacqua: La festa parmigiana, Rizzoli. L’ho preso sia per la bella copertina – un particolare del dipinto Danae del Correggio, sia per affetto nei confronti dell’autore de La califfa che non se la passa bene. Recentemente la sua compagna – la bella Michela Miti, l’attrice che negli anni Settanta dava corpo e anima alla maestra nei film di Pierino con Alvaro Vitali – ha denunciato alla stampa il caso del suo compagno preso quasi in ostaggio da medici e infermieri.
Tralasciando un’edizione dei Pensieri di Pascal, ho preferito prendere Kaputt di Malaparte in un’edizione economica del mio editore Vallecchi. Il libro di Curzio Malaparte fu pubblicato per la prima volta a Napoli nel 1944 e suscitò subito un gran clamore non solo in Italia ma nel mondo. Oggi lo ha ripubblicato Adelphi. Un po’ nascosto, sotto un romanzo pornografico, c’era la prima edizione de La Storia della Morante negli Struzzi di Einaudi e non me lo sono fatto scappare. Mentre i panchinari si intrattenevano su alcuni commenti non proprio lusinghieri sul governo cittadino – in fondo c’è sempre un governo di cui dir male, a volte penso che sia proprio questa la principale funzione dei governi, che siano buoni, passabili o pessimi – ho continuato la mia ricerca perché l’occhio cadeva su cose sempre più interessanti. Sulla scansia alta della casetta centrale ho notato un libro-cofanetto: ho puntato i piedi, allungato la mano e con mia sorpresa ho tirato giù il volume de Le opere de Il Marchese di Sade in una bella edizione Longanesi. Ma ho preso il volume soprattutto perché reca la prefazione di Elémire Zolla. Accanto al “divin marchese” c’era un altro “autore maledetto”: Pierre Drieu La Rochelle con il romanzo Piccoli Borghesi, anche questa è una bella edizione Longanesi. Naturalmente l’ho preso. Come ho voluto, nonostante l’edizione non sia proprio storica, Tutte le novelle di Salvatore Di Giacomo della Newton: per don Salvatore ho un debole – a casa ho delle rarità che custodisco con devozione – e siccome le novelle sono presentate da Antonio Ghirelli e Francesco Grisi, entrambi giornalisti e letterati ed entrambi recentemente scomparsi, l’ho acquistato pensando a tutto un mondo che ormai non c’è più ma che i libri mi permettono ancora di frequentare con diletto.
E vengo agli ultimi tre libri che ho acquistato. Ancora chiuso in una sporca plastica c’era un testo di Camilla Cederna: Giovanni Leone. La carriera di un presidente, Feltrinelli, annata 1978. L’ho preso perché, come è scritto all’ingresso della biblioteca visitata da Guglielmo da Baskerville e da Adso da Melk nell’abbazia benedettina di cui si tace il nome, ogni buona biblioteca testimonia la verità e l’errore. Nel caso della Cederna, come ci insegnano la storia e Montanelli, si testimonia l’errore (il vero giornalista e scrittore di famiglia, in fondo, non era la Camilla ma il fratello Antonio che scrisse per Il Mondo di Pannunzio e pubblicò, tra le altre cose, quel gran libro che è I Vandali in casa che racconta della distruzione del patrimonio storico, artistico e paesaggistico italiano). Nei pressi della Cederna c’era un classico come Onorevole, stia zitto di Giulio Andreotti. Come potete immaginare più che un libro è una miniera di notizie, informazioni, aneddoti dal mondo politico e parlamentare. Ne cito uno a caso che ha come protagonista il dimenticato Antonio Guarra. Anno 1966, parla Bruno Romano: “… contenere i profitti, contenere i prezzi, assicurare la massima espansione ai salari, anche per ottenere la massima capacità di risparmio al fine di mantenere alto il livello degli investimenti produttivi senza deprimere quello dei consumi”. Antonio Guarra: “Voi volete la botte piena e la moglie ubriaca”.
Visto che son finito a parlare di politica, concludo con l’ultimo libro intitolato così: Garibaldi. E’ l’edizione del 1982 di una biografia dell’eroe dei due mondi che fu pubblicata per la prima volta da Il Mattino quando a dirigerlo era un gran direttore come Giovanni Ansaldo (su Ansaldo, visto che sto smerciando consigli per la lettura, date uno sguardo al bel libro di Giuseppe Marcenaro intitolato Stile piemontese, edito da Aragno, che è costruito su alcuni testi del grande giornalista su due importanti piemontesi come Giolitti ed Einaudi). La prima edizione di Garibaldi ce l’ho ma ho preso anche questa più recente per un omaggio all’autore, quel signor giornalista che fu Arturo Fratta.
Caro Giancristiano, mi hai fatto tornare la voglia di leggere e scoprire nuove letture! La letteratura è un oceano che neanche a novant’anni avremo navigato in ogni sua onda.
Un grazie per le belle ed inaspettate parole dedicate alla nostra LIBRERIA AL SOLE, VENTO E…. La aspettiamo per i prossimi dibattiti da panchinari! da Luigi e Giovanni