Se la resa ci fosse? Beppe Grillo, che è un capopopolo postmoderno – non mi permetto di dire capocomico, la cosa è seria – diventerebbe un ostaggio. Di chi? Di se stesso. La forza del tribuno è la ribellione. La fonte della ribellione è inevitabilmente la politica con i suoi fallimenti. Negarlo non solo è ingiusto, ma anche impossibile. Il Grillo urlante che, trattenendo a fatica le risa che gli risalgono dalla pancia, dal palco in Piazza Duomo a Milano grida “arrendetevi” sa molto bene che la sola evocazione dei partiti, del Parlamento e della politica in senso classico gli fornisce consenso, fiducia, applausi. Ma una cosa è mandare Pizzarotti al comune di Parma e altra cosa prendersi l’Italia. Perché Grillo è l’Antipartito che senza i partiti e ciò che ne rimane non esisterebbe neanche. Così una volta che i partiti diventeranno prigionieri dell’Antipartito – e per certi versi già lo sono – che ne sarà dello stesso Antipartito? Svanirà.
A pensarci bene, la resa non sarebbe per nulla un male. I partiti, tutti, indistintamente – perché il tribuno non fa differenza alcuna – si potrebbero consegnare nelle mani di Beppe Grillo, il quale, da parte sua, ha già detto che non userebbe loro nessuna violenza. A quel punto la stessa lotta politica, che è la normalità della vita democratica, cesserebbe di esistere e Grillo non sarebbe più il leader del Movimento 5 stelle. Lo stesso movimento antipartitico e antipolitico non avrebbe più ragion d’essere dal momento che lo scopo della sua missione – mettere i partiti in condizione di non nuocere – sarebbe stato raggiunto. Non avendo più oppositori, Grillo sarebbe improvvisamente costretto a rivedere la drammaturgia (un po’ come fece Goldoni, solo che il veneziano scriveva commedie). La scena madre – quella in cui Grillo indica al pubblico il nemico da abbattere: i partiti e i loro affari – dovrebbe essere tutta rivista. Al massimo potrebbe essere usata per giustificarsi, come, per intenderci, hanno fatto più volte Berlusconi e Prodi una volta giunti a Palazzo Chigi: “Ho ereditato una situazione drammatica”. Però, per uno che è un Messia – come ha detto Casaleggio – sarebbe già un passo falso.
Ma è tutta una fantasia. Nell’unica intervista di Grillo, rilasciata a Marco Travaglio per la reciproca stima e fiducia, l’ex comico genovese dice: “Io nel Palazzo non ci entro, non mi lascio ingabbiare”. Ma è solo una recita. Il filo rosso della politica dell’Antipartito è questa e se ne volete una conferma potete consultare anche la biografia di Grillo scritta da Roberto Caracci “Il ruggito del Grillo” (Moretti &Vitali). In questa maionese impazzita che è diventata la democrazia italiana, con l’aggiunta delle uova della campagna elettorale, il ruggito del Grillo è la nuova forma che ha assunto l’antiberlusconismo. Con una novità non secondaria: il gioco di specchi tra destra e sinistra è stato allargato al Paese del Grillo – che fin dal nome pare richiamare il “divin marchese” – che con un ufficiale Antipartito entra a far parte del Grande Circo da cui dice di voler stare alla larga per non entrare in gabbia. Lo spettacolo va avanti, fino a quando l’Italia non cederà di schianto.
(tratto da Liberal)
La speranza è che a vincere questa volta , per la prima volta , sia il Popolo Italiano … non la politica !