Il mio voto andrà a Mario Monti. Per tre semplici e ragionevoli motivi: con grande senso di responsabilità verso sé e verso il Paese si è preso sulle spalle il disastro della Seconda repubblica causato dalla destra di Berlusconi e dalla sinistra dell’ex Pci, in un anno è riuscito a fare riforme importanti che i passati governi non hanno fatto in venti anni, ha riportato in politica uno stile di serietà e realismo che si credeva ormai perduto per sempre nella casta dei cialtroni. L’articoletto potrebbe anche finire qui perché l’essenziale, con la naturale aggiunta che chi vota per Monti intende continuare una politica riformatrice, è detto. Però, forse, per illustrare al meglio che cosa rappresentano Monti e la sua esperienza di governo in queste elezioni invernali e nella storia più ampia dell’Italia è bene ricordare da dove tutti veniamo.
Con la fine della Prima repubblica ci eravamo detti un po’ tutti: è giunto il momento di creare anche da noi una bella democrazia dell’alternanza. Infatti, con la fine della partitocrazia era giunta al capolinea la democrazia bloccata contrassegnata da quello che Ronchey chiamò il fattore K. In quella democrazia c’era chi era sempre al governo e chi era sempre all’opposizione, così, quasi per statuto e per contratto. La democrazia bloccata non tardò a diventare una democrazia consociativa in cui l’opposizione era di fatto il socio di minoranza del governo. La democrazia bloccata e consociativa era uno dei soliti blocchi di potere che costellano la storia d’Italia e che stanno in piedi fino a quando possono cooptare e aggiungere posti a tavola. Quando i posti e i pasti sono finiti e quando chi è in piedi è a bocca asciutta senza pastasciutta, il blocco di potere crolla con uno schianto che, a seconda delle epoche, è più o meno violento e cruento. La fine della Prima repubblica, però, coincidendo con la fine dell’Unione sovietica e del comunismo storico sembrò a tutti essere il compimento della storia italiana. Finalmente – dicemmo – ora anche in Italia nascerà una democrazia compiuta e matura, chi vincerà governerà e chi perderà controllerà e questo metodo dell’alternanza, che è praticato in tutte le democrazie degne del nome, si affermerà anche da noi come ottimo metodo di governo in cui gli italiani potranno contare non su una sola ma su ben due classi dirigenti in cui una è al governo e l’altra è all’opposizione pronta a subentrare per dare il naturale cambio in nome di quell’interesse nazionale che non le divide ma le accomuna. Insomma, come si prese a dire, l’Italia sarà finalmente un Paese normale.
Poveri illusi. Il Paese normale è presto diventato il Paese anormale. La democrazia dell’alternanza si è tramutata in democrazia dell’altalena. Le due classi dirigenti sono diventate mezza. La partitocrazia originaria è diventata una partitocrazia senza partiti che si è trasformata in Casta. I problemi storici dello Stato e della società sono stati tutti aggravati: il debito, la spesa, la disoccupazione. L’unica novità che si è concretizzata è stata quella della condivisione dei valori fondanti che sola rende possibile la vita democratica e civile. Ma con una significativa particolarità: i due schieramenti non si sono uniti per l’amor di patria ma per l’odio reciproco che hanno praticato con fanatismo fino a fare della guerra civile mentale o virtuale la regola non scritta ma sovrana della Seconda repubblica. La guerra mentale tra berlusconiani e antiberlusconiani – dal nome del politico che più ha unito e diviso gli italiani, senza però essere lui solo l’unico responsabile del declino italiano – è diventata una militarizzazione della politica e dello spirito, una guerra dei mondi che è tracimata dalla stessa politica per invadere l’Italia intera e dividere gli italiani secondo l’Appartenenza: io sto a destra e quindi sono contro di te che sei a sinistra, tu sei a sinistra e quindi sei contro di me che sono a destra. Sulla base della legge dell’appartenenza, l’Italia non è progredita ma regredita, da paese adulto che era, è diventato un paese malato di infantilismo e fanatismo in cui la cosa più difficile da praticare è diventata la discussione civile, mentre è del tutto impossibile farsi capire perché nessuno desidera ascoltare. Ogni discussione è una battaglia di civiltà in cui l’avversario è l’inciviltà e tutto è detto non per scegliere e decidere ma per bloccare. Tuttavia, in questa democrazia dell’altalena, che ha trasformato un metodo di governo per la soluzione di problemi in un sistema politico che i problemi li cronicizza, si è conservata la vecchia consociazione della Prima repubblica che si è evoluta fino a diventare Casta dei Privilegiati e dei Privilegi.
Il danno maggiore della democrazia dell’altalena è la scomparsa della realtà dei fatti a beneficio della deleteria e infantile logica dell’appartenenza. Un paese che non è in grado di darsi una vita politica che fa dei fatti la regola della sua lotta e del suo governo è un paese che pratica il più pericoloso e cretino dei giochi: l’autoinganno. E’ forse un caso che il governo Monti arrivi quando l’Italia è a mezzo passo dalla Grecia? No. E’ la emersione della realtà dei fatti che può essere ignorata e manipolata ma non cancellata.
Purtroppo, l’articoletto mi si è allungato strada facendo. Concludo. Votare per Monti significa, per dirla con Silone, provare a imboccare un’uscita di sicurezza da una democrazia impazzita. Va da sé che il “montismo” non è il migliore dei mondi possibili e non è la soluzione di tutti i nostri mali. Ma anche questa è una innovazione: non esiste nessuna soluzione a tutti i nostri mali e a tutti i problemi dell’Italia. Ma esiste senz’altro uno stile serio e veritiero che di per sé è rispettoso degli italiani e della nazione.