Massimo D’Alema è un animale politico straordinario. È sempre pronto, con santa pazienza, a farci delle belle lezioni. L’ultima lezione riguarda il governo prossimo venturo e la forza politica che lo dovrebbe sorreggere. Il Massimo leader del Pd di Bersani ha affidato il suo messaggio a Il Messaggero con queste parole: «L’unica maggioranza in grado di dare una prospettiva al Paese e di rappresentare con forza l’Italia nello scenario internazionale è una maggioranza ampia, rappresentativa e guidata dal Pd. Ma – fattore decisivo di cui Monti ancora fatica a prendere consapevolezza – deve essere una maggioranza che comprenda anche la sinistra perché deve assolutamente fare anche cose di sinistra». Una lezione che ha dello strabiliante per un motivo che salta subito agli occhi: il Pd sarebbe alla guida di una maggioranza rappresentativa e ampia comprendente anche la sinistra senza che il Pd sia la sinistra né sia di sinistra. Ma, allora, il Pd che cos’è? Questo, come diceva Vittorio Gassman in una pubblicità di successo, lo ignoro. Però, è comprensibile. Ciò che si fatica a comprendere è perché non lo sappia quello straordinario animale politico di Massimo D’Alema.
Le elezioni del 24 e 25 febbraio sono un imbuto della storia. In uno stretto corridoio si infileranno tutti gli errori e i ritardi della politica italiana degli ultimi venticinque anni. Tra questi errori c’è anche quello commesso a sinistra un po’ da tutti: non esser riusciti a creare una sinistra socialdemocratica e soprattutto priva di infantilismi ideologici. Il Pd, che è diventato un partito neutro, soffre il complesso della sinistra che non è più e teme la sinistra antagonista ex bertinottiana e ora del poeta civile Niki Vendola. La lezione politica di D’Alema è molto chiara, al limite della sfrontatezza: il Pd è un assemblatore politico e sociale che ha la sua funzione nel mettere insieme cose diverse nell’obiettivo di creare un governo che goda di una buona reputazione e di altrettanta pace sociale. Il progetto di D’Alema, dunque, non prende le mosse dalle cose che si devono fare per dare all’Italia una prospettiva di sviluppo per i prossimi venti anni – le riforme sempre rimandate nel ventennio precedente – bensì dall’idea di assicurare una base sociale relativamente tranquilla a un governo che aggiusterà qualcosa che tra un paio d’anni si dovrà nuovamente aggiustare. Il progetto di governo del realismo dalemiano sembra utile e perfino realizzabile. Ha un difetto. Non seppellisce la Seconda repubblica e la ricrea sotto forma di fantasma.
C’è un’alternativa? Sì. La rassegnazione. Le parole di Mario Monti – mettere insieme i riformatori da qualunque parte vengano – vanno prese molto sul serio perché sono allo stesso tempo un giudizio storico sul fallimento della Seconda repubblica e un giudizio politico sulla nuova Italia che abbiamo l’obbligo morale di creare traendoci fuori dai calcolati immobilismi del naufragio bipolare. Provi D’Alema a mettere la sua intelligenza al servizio di un “Paese normale”.
(tratto da Liberal)