La Lega non è più quella di una volta. Neanche il Pdl. Entrambi sono stati travolti da un insolito destino. C’è di mezzo la magistratura con accuse di corruzione, peculato e varie ed eventuali. A Parma è stato arrestato l’ex sindaco Pietro Vignali (e con lui sono finiti ai domiciliari Luigi Giuseppe Villani, vice presidente di Iren, Andrea Costa, ex presidente del Cda e consigliere delegato di Stt Holding e Alfa Spa, Angelo Buzzi, editore). Ma l’accusa più grave è stata mossa dal procuratore Laguardia che ha parlato di «un gruppo di potere costruito con l’uso della cosa pubblica per interessi privati, anche utilizzando dipendenti pubblici compiacenti per creare provviste di denaro liquido». Sono stati sequestrati 3,5 milioni di euro, ma è meglio attendere con giudizio prima di emettere sentenze. Da queste parti si usa così: si è innocenti fino a prova contraria. Vale, è evidente, anche per la Lega di Maroni che rispedisce al mittente le accuse e, dopo le perquisizioni delle sedi della Lega per la vicenda ormai annosa delle “quote latte”, rivendica l’estraneità del suo partito e specifica che le indagini riguardano una società «che non ha legami con il Carroccio». Dunque, tanto rumore per nulla? Non proprio.
Le inchieste della magistratura faranno il loro corso, ma la politica già ha fatto da tempo il suo. La Lega è diventato nuovamente un partito secessionista o, addirittura, qualcosa di più estremo. Roberto Maroni, ex ministro degli Interni con un buon lavoro svolto da rivendicare, ha recuperato il progetto del compianto professor Miglio – lo stesso che il Bossi volle definire «una scorreggia nell’universo» – che voleva dividere l’Italia in macroregioni per creare soprattutto la macroregione del Nord. L’ex inquilino del Viminale propone se stesso come un premier del Settentrione e non fa mistero di volere la Lombardia molto più di quanto non desideri Roma. E il Pdl? Beh, com’è scritto nella sua storia, si adegua. Anche se in ballo c’è una cosuccia come l’unità nazionale, Berlusconi ha fortemente voluto l’accordo elettorale con la Lega, passando persino sopra al dileggio di cui la sua stessa persona politica è fatta oggetto presso la base leghista. Ora – ed è questo il punto vero della vicenda – che cosa accadrebbe se questa armata Brancaleone, i cui pasticci sono notoriamente più pericolosi delle pessime intenzioni, conquistasse la Lombardia e le regioni settentrionali? Proprio nel momento più delicato della storia italiana, si avrebbe un Paese spaccato con il Nord – la macroregione, secondo l’ideologia antiunitaria di Gianfranco Miglio – all’opposizione non tanto rispetto al governo nazionale, quanto all’Europa. Uno scenario infernale che “nel pensier rinnova la paura”. L’Italia non si può permettere un Nord antieuropeo, savoiardo e lombardo veneto come se fossimo ai tempi di Napoleone III, e – a scanso di equivoci, è meglio dirlo – non se lo può permettere neanche il Nord.
(tratto da Liberal)