Chi mi ama mi segue. Chi mi odia mi insegue. Allora, fatemi una cortesia: leggete l’intervista che Mario Zoino, consigliere comunale del Pd a Palazzo Mosti e presidente della commissione Lavoro, ha rilasciato a Il Mattino. La definizione del Pd come partito del potere inutile si rispecchia nelle sue parole come la luna nel pozzo. Non ha peli sulla lingua Zoino, anche se non strepita e, anzi, con calma ed eleganza si limita a fare il suo dovere di buon consigliere comunale e dice la verità. Prima di tutto dice che il “silenzio assordante” del suo partito sulla vicenda giudiziaria che ha investito l’amministrazione Pepe è intollerabile: “Servono parole chiare e non bocche cucite a comando”. Le parole chiare sono spese da Zoino prima di tutto sulla politica prima che sulla questione giudiziaria (che se fossimo del Pd diremmo è una “questione morale”).
Dunque, il pensiero di Zoino è limpido: “Io non ho alcun dubbio. La maggioranza a Palazzo Mosti deve dimettersi dopo il 10 febbraio, data in cui si dovrebbe varare la delibera salva enti. Via noi prima che ci mandi a casa la città, perché è evidente che questo modello di politica può sopravvivere a vantaggio di qualcuno ma certamente non serve a riformare la società”. Quindi si faccia il proprio dovere e si sia responsabili sui conti del Comune – dice Zoino – e poi si rimetta il mandato nelle mani dei beneventani. Ma è solo l’antipasto. Perché il presidente della commissione Lavoro approfondisce: “Sulle vicende del Comune ha pesato moltissimo l’influsso di una gestione del Pd improntata all’arroganza e alla mancanza di democrazia reale. Troppi ‘yes men’ che eseguono e poche personalità capaci di rinnovare il partito, potenzialmente più vivace nella sua base ma incrostato al vertice”.
Eccolo qui il “potere inutile”: un potere gestito solo a vantaggio del bosco e del sottobosco del partito per la conservazione di se stessi in sella al partito confidando nell’assoluto cappotto amministrativo, istituzionale, societario, insomma, nel monopolio che il Pd si è trovato a gestire in questa città e in questa regione nella seconda metà della prima decade degli anni Duemila. Qui è il punto fondamentale di ogni cosa, buona e cattiva, degli anni che abbiamo vissuto. Zoino in riferimento al Comune spiega la cosa così: “Pepe fu costretto a rinnovare certi incarichi su ordine dei vertici del Pd, anche se in questi anni avrebbe fatto bene a sorvegliare e a prestare maggiore attenzione su certi comportamenti messi in campo da assessori e dirigenti del Comune. Ma ripeto, certe conferme negli incarichi sono state espressamente richieste dai vertici del Pd”. Un partito può anche intervenire, sia pure per via istituzionale, e indicare una strada, considerare uomini e capacità, l’importante è che non solo ciò accada con assunzione di responsabilità ma soprattutto con risultati visibili per l’interesse generale. Quali sono i risultati del Pd e dall’amministrazione Pepe nell’interesse di Benevento?
La storia dell’amministrazione Pepe, primo e secondo mandato, non è una storia giudiziaria. Questa è l’epilogo. La storia dell’amministrazione Pepe è politica e la sua sceneggiatura è scritta tutta nel Pd e nel suo potere inutile ossia sterile, buono per il partito cittadino, provinciale e regionale ma nullo per la Città, la Provincia, la Regione. Il Pd ha avuto in mano un potere enorme, assoluto, totale. Neanche la Democrazia cristiana ha raggiunto una tale concentrazione di potere. Ma a fronte del grande potere, il Pd non ha né seminato né raccolto buoni frutti sociali, amministrativi, economici. Tanto che lascia un ente da salvare con il ricorso al ministero degli Interni. E’ qualcosa di più di un crimine. E’ un errore (che purtroppo pagheranno i beneventani).