C’è una sorta di maledizione che accompagna da un po’ di tempo il Benevento Calcio. No, non mi riferisco ai play off (che sono ormai diventati un miraggio) quanto, piuttosto, alle inchieste sul calcio-scommesse.
Tutto è iniziato con l’indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Cremona e l’arresto choc del portiere Marco Paoloni, avvenuta il 1° giugno 2011 durante la settimana che precedeva l’importante semifinale di ritorno dei play off con la Juve Stabia.
Si è, poi, scoperto che la Cremonese era stata ben lieta di cedere alla società giallorossa il pur bravo portiere proprio perché erano divenute insistenti le voci di un suo presunto coinvolgimento nel giro del calcio-scommesse.
A distanza di un anno e mezzo si scopre ora che altri due calciatori transitati per Benevento o ancora in forza alla squadra giallorossa risultano coinvolti in un’inchiesta giudiziaria sul calcio-scommesse: si tratta di Daniele De Vezze e Ivan Rajcic.
I loro nomi, infatti, compaiono nell’inchiesta condotta dai magistrati baresi che nelle scorse ore hanno fatto notificare gli avvisi di conclusione delle indagini a carico di 36 persone. Il reato contestato è quello di concorso in frode sportiva in relazione agli incontri di serie B ritenuti truccati Bari-Treviso del 10 maggio 2008 che finì 0-1, e Salernitana-Bari del 23 maggio 2009, 3-2. Gli incontri, secondo l’accusa, furono venduti dai biancorossi in cambio di 220mila euro complessivi.
Stavolta, fortunatamente, il Benevento Calcio non ha nulla da temere essendo assolutamente estraneo alla vicenda in quanto De Vezze (che, ricordiamolo, è stato a Benevento nella scorsa stagione) e Rajcic avrebbero partecipato alla combine quando militavano nel Bari. Resta, però, il dato di cronaca certamente poco simpatico che almeno tre calciatori transitati in terra sannita nell’ultimo biennio sono rimasti coinvolti in inchieste giudiziarie riguardanti i diversi filoni del calcio-scommesse.
Ma le cronache di queste ore riaprono anche un’altra dolorosa ferita: il mancato raggiungimento della tanto agognata promozione in serie B in occasione della semifinale play off Crotone-Benevento disputata il 6 giugno 2004. Come si ricorderà, la direzione di Oberdan Pantana di Macerata fu quanto meno dubbia: al rigore negato al Benevento per un colpo da pallavolo di un difensore crotonese all’ingresso dell’area fece da contraltare un penalty regalato ai calabresi per un contatto minimo. Il Benevento finì la gara in nove uomini e quanto accaduto nel corso del match assunse connotati ancora più inquietanti all’indomani dello scoppio di Calciopoli a causa dei rapporti esistenti tra il Crotone e la Gea (Ceravolo come collaboratore) e tra la Gea e la Viterbese (Alessandro Moggi deteneva la procura di mezza squadra), ovvero le squadre che poi disputarono la finale dei play off.
Il quotidiano la Repubblica contiene, infatti, uno stralcio dell’inchiesta barese contenente le dichiarazioni di Luigi Bonaventura, reggente di una delle cosche più potenti della costa ionica e capo della security della squadra del cugino, quel Raffaele Vrenna presidente del Crotone negli anni della grande scalata dalla Promozione alla serie B.
Dal 2007 è divenuto collaboratore di giustizia e le sue testimonianze su come la ‘ndrangheta si è presa il calcio al Sud sono diventate oggetto di un lungo interrogatorio (22 novembre) davanti al pm di Bari Giuseppe Dentamaro: “A Crotone i miei uomini nella società che gestiva la sicurezza dello stadio avevano anche il compito di falsare il risultato delle gare. Aggredivano i calciatori avversari, avvicinavano i dirigenti, compravano giocatori. Le partite contro il Benevento (play off 2003-2004) e contro il Locri (stagione 1997) ce le siamo aggiustate”.
In che modo l’articolo di la Repubblica non lo spiega ma la ferita è riaperta, anche perché la serie B non è stata mai tanto vicina come in quella dannata e maledetta domenica di circa dieci anni fa.