Quanto sta accadendo nella vita politica e civile di Benevento è successo solo alla fine della Prima Repubblica. Lo dico non per richiamare alla mente altri fatti, altri amministratori e altri dolori e tracciare un filo rosso nella storia comunale ma solo per sottolineare che la situazione è drammatica e più seria di quanto i suoi protagonisti non vogliano ammettere. Come sempre, per dirla con l’amato Flaiano, la situazione è tragica ma non è seria. Infatti, il Pd fa spallucce rispetto all’inchiesta della Procura. Quasi come se nulla fosse accaduto o come se il Pd fosse un partito che ha poco o nulla a che fare con i fatti. Insomma, il Pd e i suoi rappresentanti si stanno dimostrando non all’altezza del loro stesso dramma e della condizione in cui il loro potere inutile ha gettato la città. Ancora una volta è un errore, grave errore. Il problema che il potere inutile ha davanti non è semplicemente giudiziario ma politico e si configura, in particolare per il sindaco in “esilio”, come crisi di legittimità.
Fausto Pepe si difende e afferma la sua innocenza. Ci mancherebbe altro non lo facesse. Non solo è un suo diritto ma anche un suo dovere. Non solo i suoi elettori ma tutti i beneventani hanno diritto a pensare e sapere d’avere un sindaco innocente o colpevole solo d’aver fatto il suo mestiere di amministratore nell’interesse della città. Ma proprio qui è il punto: Pepe non gode più della fiducia dei suoi stessi elettori, figurarsi dei beneventani. La vicenda giudiziaria è soltanto la curva di una parabola che da tempo sta scendendo per la evidente e conclamata vanità del tutto. La vicenda di Pepe non riguarda solo Pepe. Investe tutta la politica del Pd che è tanto accorto nel curare il suo bottino clientelare, quanto assolutamente deficitario sul piano dei risultati amministrativi, sociali, economici. Il problema, dunque, che Pepe ha davanti non è semplicemente quello di proclamare la propria innocenza, quanto quello di recuperare legittimità politica e amministrativa. Ma questo non è un problema che si possa risolvere all’interno del direttivo del Pd o tra quattro mura, siano esse sannite, campane o romane. Questo è un problema che può essere risolto soltanto da un soggetto plurale: i beneventani. Solo gli elettori beneventani possono ridare a Pepe quella fiducia che ormai non ha più.
Pepe è al suo secondo mandato e davanti a un bivio. Una strada lo conduce a terminare, se ci riuscirà, il suo mandato e ad uscire di scena con un finale che, viste le premesse, si annuncia triste sia per la politica sia per la vita civile: Pepe non potrà ricandidarsi per la terza volta. Un’altra strada lo può condurre, se dimostra di aver coraggio e lungimiranza, a ridare la parola alla città per farsi giudicare dai beneventani prima che dai magistrati (se processo ci sarà). Il secondo mandato non è ancora giunto al giro di boa e se il sindaco si dimette anzitempo può nuovamente ricandidarsi. Insomma, Pepe deve decidere se vuole rimettersi in gioco o se vuole solo resistere. Nel primo caso accetta la sfida, lotta e o vince o muore sul campo. Nel secondo caso sgattaiola su e giù per le scale di Palazzo Mosti come un gatto nero e i cattivi pensieri. Nel primo caso è un politico e, vinca o muoia, conserva la sua dignità politica interpellando e perfino ravvivando la città. Nel secondo caso è un politicante come ce ne sono tanti. Scelga.
Mentre Pepe riflette e, lo voglia o no, sceglierà, il Pd cosa fa? Se pensa che questa sia soltanto una scelta esclusiva del sindaco si sbaglia. Come si sbaglia se crede e dà ad intendere che le responsabilità giudiziarie – certo, da accertare e provare – siano solo individuali. Lo sono penalmente, non c’è dubbio. E lo sono state nel momento in cui i fatti sono stati attuati. Ma oggi, con una Benevento caduta così in basso con il potere inutile del Pd, ci sono delle responsabilità politiche evidenti che il Pd con il suo atteggiamento pilatesco e “silenziato” non attenua ma aggrava.
dove sono quei beneventani che decantavano tale potere?Imboscati …..