Il potere inutile è finito in Procura. Non poteva essere diversamente. E non perché siano tutti colpevoli ancor prima di essere giudicati, secondo il canone giustizialista che non mi appartiene e che per paradosso e contrappasso abita proprio dalle parti politiche degli indagati; ma, piuttosto, perché il potere inutile sannita è l’ultima espressione della lunga stagione del potere bassoliniano. Sui fatti contestati, che non sono né lievi né edificanti, si possono esprimere giudizi di legge e si possono imbastire, com’è giusto e anche doveroso che sia, strategie di difesa. Ma il punto che qui interessa, l’unico che per noi ha veramente valore, è quello politico. I fatti politici, amministrativi ed economici – insomma, i risultati della classe dirigente della sinistra o, come si dice oggi, della governance – parlano il linguaggio della chiarezza: mentre il centrosinistra ingrassava se stesso e le sue conventicole, la società del Sannio dimagriva pagando il salato prezzo dell’alta disoccupazione, dell’aumento fiscale, dell’emigrazione e, dulcis in fundo, del crimine organizzato in colletti bianchi e finanziari. Il fallimento della lunga stagione del centrosinistra, che peraltro dura e perdura, si misura in questi termini. Per dirlo con un’immagine: il potere inutile è un fiume, l’approdo in Procura è solo l’estuario. Forse, inevitabile, perché il potere inutile si regge sulla gestione socialmente sterile ma produttiva per le clientele della spesa pubblica e risorse comunali.
L’esilio a cui sembra essere stato costretto il sindaco Pepe con l’adozione della misura dell’obbligo di dimora fuori da Benevento – è a San Giorgio del Sannio – è qualcosa di più di una misura restrittiva. E’ quasi una simbologia. Il giorno primo, come in una sceneggiatura studiata sul filo dell’ironia storica, era stata pubblicata l’annuale classifica sul gradimento dei sindaci e Fausto Pepe, in caduta libera, faceva la sua bella pessima figura vestendo la maglia nera dei sindaci della Campania. Ma, per rendere ancora più ironico il soggetto della trama politico-giudiziaria, il primo cittadino aveva anche rilasciato questa dichiarazione per dare una spiegazione al crollo del suo gradimento nella sua Benevento: “E’ il risultato delle tasse locali e della crisi”. Invece, per chi ha seguito la cronaca politica e amministrativa di questi anni, l’ordine dei fattori va cambiato: se ci sono tasse locali alle stelle e se la crisi morde al cuore è perché Palazzo Mosti è stato amministrato con grande attenzione agli incarichi di partito e alle municipalizzate mentre la buona amministrazione dei conti è passata in secondo, terzo, quarto ordine. Nella scorsa primavera, per chi non ha la memoria corta, si ricorda che proprio il sindaco vantava l’ottimo stato di salute dei conti pubblici comunali, ma solo un mese dopo cominciavano a saltare fuori milioni e milioni di debiti (addirittura anche precedenti al suo primo mandato amministrativo) come se fossero stati i conigli del cilindro di Mandrake. Ma il povero Pepe – si fa per dire – somiglia più al cilindro e al coniglio che non a Mandrake e per chi ha occhi per vedere, orecchie per ascoltare e soprattutto un alfabeto per capire, appare evidente che una situazione economico-finanziaria di un municipio che passa dai conti a posto ai conti in rosso dal giorno alla notte è solo una strategia maldestra di una politica che avverte la coscienza del fallimento.
Il centrosinistra sannita deve imparare a fare i conti con se stesso e con il proprio potere inutile se vorrà almeno provare a rinverdirsi e a rinnovare. Un ormai ex deputato, Mario Pepe, ne ha dette di cotte e di crude sul potere sannita del centrosinistra parlando di “cappa greve”. Il giudizio di Pepe, che da sangiorgese dovrà fare gli onori di casa al sindaco di Benevento in esilio, è troppo risentito per essere preso in considerazione. Ma non c’è dubbio che il potere inutile sia stato ed è tuttora una “cappa greve”. Non sarà l’inchiesta della Procura a cambiare lo stato delle cose. Potrà essere cambiato solo dalla critica politica, sia esterna sia interna alla sinistra del Sannio.
Quando, in un altro articolo, ho rilevato che il centrosinistra e non il centrodestra è stato il vero potere a Benevento e nel Sannio, il pirla di turno si è messo con il pallottoliere in mano e a mo’ di ragioniere ha detto: “Ma mi risulta che la destra ha governato per molti anni a Benevento con Viespoli”. C’è sempre qualcuno che guarda il dito invece della luna, e ci vuole pazienza. Ma chi ha l’onestà di guardare la luna vedrà con naturalezza che la stagione amministrativa che riguarda Viespoli ha dato dei frutti, mentre la stagione del centrosinistra è finita in Procura (l’unico punto in comune è l’inchiesta Zamparini). Ma, soprattutto, si dovrà capire che la sinistra, proprio nel momento di maggior forza del potere di Bassolino, arriva prima in Provincia nel Novecento e poi conquista anche il Comune, dove amministra da ben sette anni – Mastella a Bruno Vespa nel 2006 disse: “Abbiamo riconquistato il comune di Benevento dopo tredici anni” -, e così ha in mano tutto il potere del luogo. Tutto: giunte, presidenze, cda, attività industriali, società partecipate, municipalizzate e un tempo anche la sanità con Asl e Rummo. Un vero cappotto. Così il centrosinistra nel Sannio è stato il vero potere sannita. Ma con un particolare di rilievo: è stato ed è tuttora un potere inutile. Un potere che è ingrassato, mentre il Sannio si sta dissanguando. Chi non fa i conti con questo stato di cose vi racconta solo menzogne e non aiuta la città. Vostra.
Illustrissimo, grazie per il pirla. Avevo solo osservato, con rispetto e senza pallottoliere, che dal 1993 al 2006 ha governato il centrodestra, periodo oggettivamente più lungo del singolo mandato (e poco più) di Pepe e sufficiente per raggiungere o meno risultati significativi che, a differenza Sua, non vedo. Mi sono astenuto dall’effettuare ulteriori analisi politiche, che non saprei articolare mancandomi la Sua inarrivabile capacità di analisi. Evidentemente umiltà e rispetto non sono la Sua cifra, ma tutti sappiamo che ha certamente tante immense capacità. Voglio solo precisare non sono minimamente un estimatore della giunta Pepe, ma non considero l’onestà intellettuale un optional. Ossequi.
Le mani sulla città è un film del 1963 diretto da Francesco Rosi. Se un giorno qualcuno dovesse risultare colpevole,è sempre bene ribadirlo ci sono tre gradi di giudizio ed esiste per tutti la presunzione d’innocenza, proporrei di fargli vedere il film come misura di riabilitazione così come viene fatto per il colpevole in Arancia meccanica diretto dal maestro Stanley Kubrick. Ne consiglio la visione, comunque, a studenti, imprenditori, amministratori, giudici, politici e più in generale a chi ha voglia di vedere un buon film.
Patrizio Mazza