Sia pur retoricamente, Vittorio Feltri chiede spesso: “Chi è che mena il torrone?”. Dipende. Perché la confusione regna sovrana. Ma non a San Marco dei Cavoti. Qui, sulla porta del Fortore, a circa quaranta chilometri da Benevento, la domanda non ha senso, perché il torrone lo menano un po’ tutti da quando nel 1891, un ventenne di nome Innocenzo Borrillo, s’inventò la prima fabbrica di torroni che in meno di mezzo secolo fece di questo antico ed elegante borgo provenzal-sannita “il paese del torrone” noto in Italia e nel mondo. Il torrone qui non è una specialità, ma una gara. Lo si fa come lo si vuole, secondo desiderio, gusto e palato: dolce e amaro, morbido e croccante, fondente e al latte. Innocenzo Borrillo, ben prima della Perugina, creò e impastò i Baci che sono noti come Croccantini: gustose barre di croccante composte da mandorle, nocciole e zucchero ricoperte di naspro. Fu un successo da subito e non poteva essere altrimenti perché i baci sono davvero la cosa più nota e diffusa in tutto il mondo. Così al Cavalier Borrillo seguì Giuseppe Serio che prese la cosa, per forza di cose, seriamente e al croccantino apportò qualche modifica ricoprendolo di cioccolato fondente invece che di naspro. Con la concorrenza il torrone è più buono, soprattutto se si dimostra di saperlo menare. Infatti, nel 1971, i nipoti del Cavalier Borrillo, Anna Maria e Michele, diedero vita ad altri laboratori oltre quello antico gestito dal nipote Innocenzo junior. Da torrone nasce torrone e così sono sorti altri opifici dolciari ad opera di intraprendenti cittadini sammarchesi: ad esempio Giuseppe Palumbo con il marchio Torrone San Marco, Alfonso Fiorelli con La Provenzale e Antonio Autore con il marchio Autore. Oggi a San Marco ci sono circa dieci piccole fabbriche che producono torrone, pasticceria e cioccolatini. Qui l’estate viene d’inverno e dicembre, con il Bambinello, è la festa del torrone che in questi giorni e in questo fine settimana raggiunge il suo clou in attesa del Natale. Dunque, per farla breve, se volete non solo menare il torrone ma anche mangiarlo e assaporarlo in tutte le sue forme e fattezze non potete non fare un salto a San Marco dei Cavoti.
San Marco è un paese intraprendente che nella sua storia ha dimostrato di sapersela cavare da solo. La sua storia è il frutto della geografia. Non molto distante da Benevento, ma non sempre ben collegata, ha dovuto imparare a far da sé. Si sa, chi fa da sé fa per tre e così a San Marco dei Cavoti – paese d’origine di Lee Iacocca, ex presidente della Chrysler, e di Luigi Abete, ex presidente di Confindustria – si è perfino cercato il petrolio. Negli anni Ottanta l’Agip trivellò e qualcosa zampillò, ma poca roba. Del resto, il suo “oro nero” San Marco già lo aveva trovato nel torrone. Il paese ha l’aria di una cittadina: belle pietre, eleganti piazze, palazzi, chiese e torri. Qui i galantuomini hanno davvero menato il torrone, ma i contadini non se ne sono stati con le mani in mano e più di una volta si sono organizzati e “rivoltati”, come nel 1912. Gli storici si sono interessati tanto alle origini quanto alle epoche di San Marco e la bibliografia, con i nomi di Alfredo Zazo e Gianni Vergineo, è ricca, ma gli studi più nutriti sul luogo e le sue storie sono soprattutto di Angelo Fuschetto e Andrea Jelardi: un lavoro storiografico che pochi comuni non solo sanniti ma italiani possono vantare. Le origini del paese si perdono nella notte dei tempi: si sa che prima di San Marco già c’era l’antica città di Cenna da cui discende la Contrada Zenna. Ma quando nasce San Marco e cos’è dei Cavoti? La storia è lunga ma la faccio breve: come spesso accade, il nuovo nasce dal vecchio e un paese rinasce dal terremoto. Nel settembre del 1349 la terra tremò, distrusse il borgo di San Severo e fu costruito San Marco dei Gavoti. I Gavoti erano i provenzali di Gap ai quali gli Angioini diedero terre e libertà. San Marco è su uno degli ultimi contrafforti dell’Appennino meridionale. Il panorama che offre è bello? Sarebbe piaciuto al poeta dell’Infinito: si distinguono a sud i monti del gruppo del Partenio ad ovest il Taburno virgiliano ed a nord-ovest il Matese verde d’estate e bianco d’inverno. Il Monte San Marco – 1007 metri – è uno dei massicci montuosi più alti della zona ed è attraversato da una strada che collega il paese ai centri vicini attraversando il Passo del Casone Cocca, così denominato da un’antica casa colonica appartenuta alla storica famiglia di proprietari terrieri.
C’è un altro motivo per fare un salto da queste parti. Ricordate la pubblicità che faceva Renzo Arbore? “Chi beve birra campa cent’anni”. Bene. San Marco dei Cavoti è il paese dei centenari. Ma la birra non c’entra. Sarà l’aria, sarà la terra, sarà il torrone, sta di fatto che proprio da uno studio accurato di Andrea Jelardi sulla popolazione si ricava che a San Marco si campa di più rispetto alla provincia beneventana, al Mezzogiorno e all’Italia. La lista dei centenari è lunga come cento anni. Proprio il Cavalier Borrelli visse un secolo intero, e che secolo: dal 1871 al 1971 (altro che secolo breve: l’unità d’Italia, Giolitti, la Grande guerra, il fascismo, la Seconda guerra mondiale, la “nuova Italia”). E dopo e prima di lui altri cento e cento anni, non senza solitudine. Anche oggi a San Marco ci sono ben cinque centenari: Diodoro Ialeggio del 1912, Pellegrina Tremonte del 1907, Carmela Cocca del 1910, Incoronata Cocca del 1911, Lucia Frasca del 1911. E, allora, se volete campare cent’anni, andate a San Marco dei Cavoti e… menate il torrone.
La descrizione del paese e’ veramente ben fatta e posso garantire che mi ha lasciato senza parole e una sensazione nel cuore indescrivibile. Sono fiero di abitare a San Marco!!!
Quanto alle trivellazioni per il petrolio ci sono ancora molto dubbi su come questi pozzi sono stati riempiti al termine dell’attività di ricerca….