Pierluigi Bersani è il campione delle metafore. L’ultima l’ha usata spiegando la vittoria su Matteo Renzi. Ha detto: “Se dieci naufraghi stanno in mezzo al mare, il capo non è quello che ha carisma, ma quello che offre maggiore sicurezza”. La metafora è efficace, ma ancor più lo è la sicurezza soprattutto se s’incontra con la poesia di Vendola che dà la possibilità di votare per la sicurezza con la copertura dell’ideale. Mettete insieme la metafora di Bersani e la retorica di Vendola e avrete il tradizionalista di sinistra. Chi è? La figura politica più diffusa nel Mezzogiorno.
Il Sud è tradizionalista per vocazione. Non cambia le sue abitudini e quando cambia lo fa per conformismo e trasformismo. La sinistra è sintonizzata sul tradizionalismo. Bersani ha vinto in nome della tradizione. Il sindaco di Firenze, pur esprimendo sul piano nazionale un ottimo 40 per cento, non è mai stato in partita. Al Sud il dubbio non era tra Bersani e Renzi ma tra Bersani e Vendola. Il sale delle primarie – l’alternativa tra tradizione e innovazione – nel Mezzogiorno non c’era. Le primarie meridionali sono state insipide: tutto si è svolto dentro la tradizione della sinistra ex comunista che Vendola chiama “nuovo racconto civile”.
Renzi non ha mai suscitato vere simpatie. Le sue idee sono troppo innovative e libere e lo si è bollato come uno di destra. Infatti, il tradizionalista di sinistra è sì un cantore dell’innovazione e del merito, ma tutto deve avvenire dentro la sinistra per non tagliare mai il filo rosso della tradizione. Renzi per il tradizionalista di sinistra non è un’occasione ma un pericolo. Se avesse vinto, la sinistra sarebbe uscita dal suo recinto (e dal Novecento): ma proprio questo è il massimo pericolo. L’ambizione del tradizionalista di sinistra, pur con tutta la retorica sulle diversità, non è l’apertura al mondo, bensì la chiusura del mondo nel suo mondo. Per il tradizionalista di sinistra il massimo dell’innovazione è il passaggio da Vendola a Bersani – come prima da Bertinotti a D’Alema e Veltroni – perché il passaggio è reversibile: da Bersani a Vendola. Il tradizionalista di sinistra ama da morire fare, per dirla con la Yourcenar, il giro della prigione perché per lui tutto ciò che c’è da sapere è risaputo e il sapere, come per il venerabile Jorge de Il nome della rosa, è una sublime ricapitolazione.
Il tradizionalista di sinistra irride il tradizionalista di destra e il tradizionalista cattolico perché li vede come retrogradi. In realtà, il tradizionalista di sinistra è un tradizionalista cattolico cambiato di segno: non crede nel Padreterno e nella Provvidenza ma ha la sua chiesa e il suo destino. Il tradizionalista di sinistra si sente laico ma è più bigotto del cattolico: per quest’ultimo peccare è umano e santa romana chiesa accoglie tutti i peccatori a braccia aperte, mentre il tradizionalista di sinistra è prigioniero della sua secolare perfezione (che è poi il peggiore dei peccati: la superbia). Chi esce dalla tradizione di sinistra è molto peggio di un peccatore: è un traditore che ha osato mettere in dubbio la tradizione all’interno della quale è solo possibile essere di sinistra. Proprio come Renzi.