Finalmente queste primarie ce le siamo tolte dalle scatole. Dunque, in agenda mi resta fissata per il 21 la fine del mondo, se sopravvivo: 25 Natale, 31 Capodanno e le prossime elezioni. Quando Dio vuole o quando Silvio vuole.
Non ce la facevo più a sentir parlare di primarie. Non reggevo più ad ascoltare che 3 milioni di persone rappresentavano il pensiero di 50 milioni di elettori. Un po’ come se nel mio condominio, composto da 50 condomini, in 3 decidessero che è giusto cambiare ascensore e rifare la facciata. Ma siete impazziti? Con questa crisi ho appena qualche monetina per pagare il riscaldamento centralizzato e voi volete rifare la facciata? Va bhè, dai, sono solo cazzate per gettare fumo negli occhi. Tanto non la rifanno la facciata.
E’ sera e mi accendo una sigaretta, pensando che sarà solo la prima di una lunga serie, in attesa del responso finale delle primarie. Al secondo tiro, mentre leggo #giancrisdes e quel suo magnifico pezzo su Mazzola, c’è già l’ammissione della sconfitta su Twitter di @matteorenzi. La Philip Morris tanta celerità non l’ha affatto presa bene. Ma in compenso capisco immediatamente perchè a Matteuccio da Firenze le hanno suonate ben benino. Perchè altro che filosofia, è il calcio la vera grande metafora della vita. O la vita è una grande metafora del calcio? In realtà Matteuccio da Firenze non ha perso per una questione prettamente politica o perchè l’apparato non lo ha appoggiato. Ha perso perchè non ha saputo stare in panchina.
Impertinente e telegenico stava emergendo dalla ‘cantera’ del Piddì. Arrancando e sgomitando si stava facendo largo in prima squadra. Il suo personal trainer lo aveva allenato alla perfezione a calarsi nei panni del secondo grande ‘Truman’ nello ‘show’ della politica italiana (se pensi per più di 30 secondi a chi sia stato il primo, cambia pagina e leggi altro). Peccato che Matteuccio ha iniziato la corsa come Truman ma allo sprint è arrivato come Ambra Angiolini, con Gori-Boncompagni che gli suggeriva nell’auricolare barzellette su Pier-ino.
E prima non gli andava bene il regolamento per votare. Ma poi sì. “Ok partecipo lo stesso”. E poi non gli andava bene il secondo turno. Ma poi sì. “Ok va bene” E poi non gli andava bene la giustificazione. “Ok, va bene. Non faccio polemiche”. Non faccio polemiche? Matteo ma se hai fatto solo quelle. Abbandonando i contenuti che tanto ti avevano inizialmente premiato. Nell’ultimo confronto tra i duellanti, Matteuccio mi sembrava davvero il candidato del Pidielle. Mica un candidato interno al Piddì.
Ed ecco che rispunta il calcio. Ho ripensato a Mazzola. “Non si può parlare di Mazzola senza Rivera (né di Rivera, senza Mazzola)”, così dice #giancrisdes. In queste primarie @pbersani e @matteorenzi mi sono sembrati proprio come Mazzola e Rivera nella finale di Città del Messico 1970. Ne hai due di campioni ma in campo scende uno solo. Ma immaginate Valcareggi che dà la formazione. Mazzola, mentre si riscalda nel prepartita, ha Rivera che dalla panchina che gli urla: “Dopato. Mezzasega. Non sei nemmeno il calzino di Pelè“. Chessò, immaginate Zola che dalla panchina urla a Maradona: “Sei un grassone”. Del Piero che in allenamento sgambetta Baggio proprio su quei gioiellini martoriati. No. Improbabile. Certo nessuno ha mai creduto che Rivera all’Azteca fosse felice di vedere Mazzola in campo. Ma Rivera ha saputo star seduto al suo posto. In panchina. Poi ha vinto quello che c’era da vincere. Anche il Pallone d’oro. Mazzola non lo ha mai vinto. Zola non è diventato Maradona ma quando è arrivato il suo tempo, anche da emigrante, ha fatto inorgoglire una nazione. Del Piero è stato paziente. Ecco a Matteuccio da Firenze servirebbe un secondo auricolare (o un un altro I-Phone). Gori che gli suggerisce frasi scomposte e nervose in un orecchio e Del Piero che gli infonde pazienza nell’altro.
Non c’è nulla da fare, se hai le qualità per diventare un campioncino, devi prima saper stare in panchina. Perchè il tuo momento arriverà, se sarai stato paziente e rispettoso della tua squadra e del ‘compagno’ anziano che ti stava davanti e di fronte. Proprio come Rivera con Mazzola. Una parte del popolo sovrano voleva l’interista in campo contro il Brasile, ma quella finale a Città del Messico l’ha persa.
Ma non è che @pbersani ora che deve togliere il fratino ed indossare maglietta, pantaloncini, calzettoni e scarpini si spaventa di Pelè? Anche perchè di fronte non ci sarà ‘O Rei’, quello del Santos, e dei tre Mondiali. Al massimo ci sarà la controfigura scalcinata che andò a svernare nel Cosmos. Oppure si ritroverà ad affrontare Beniamimo Vignola.
Chi è Beniamino Vignola? Un talentino, che come Rivera, Zola, Del Piero, giocava poco perchè davanti aveva ‘Le Roi’ Platini. Ma mentre gli altri hanno fatto capolino dall’ombra conquistando un posticino al sole, Beniamino Vignola no. Quando Platini appese le scarpette al chiodo non ci fu spazio nemmeno per Vignola. Né in campo, né in panchina. Vero Angelino?