(Sanniopress) – Se in Campania dovesse piovere, cosa non improbabile, come ha piovuto in Liguria, in Veneto, in Toscana, in Umbria, Dio solo sa cosa accadrebbe. Anzi, siccome la nostra esperienza ci racconta di disastri recenti dovuti proprio alle piogge – Sarno, Cervinara, Atrani ma anche la stessa Napoli – lo sappiamo anche noi. Purtroppo, negli ultimi tempi, a causa della fine storica di ogni tipo di manutenzione di strade, tombini, cunette, canali di scolo, argini dei fiumi, la regola principe della vita napoletana e campana – “basta che ce ‘sta o sole”, secondo la famosissima canzone – non basta più e quando il cielo si annuvola e cadono anche solo due gocce ci sentiamo un po’ tutti turisti con l’acqua alta ma senza Piazza San Marco. Nell’ultimo nubifragio napoletano di qualche settimana fa – in realtà un normale acquazzone d’autunno – le strade si sono trasformate in fiumi e il “popolo del web” si è divertito a proporre il sindaco de Magistris e il presidente Caldoro mentre navigavano per la strada cittadine in canoa, in canotto, in barca. Ma l’acqua alta non è un fenomeno solo veneziano-partenopeo: anche a Benevento, città attraversata da ben due fiumi come il Sabato e il Calore, bastano due gocce due per avere altri fiumi, torrenti, affluenti cittadini che trasportano fango e detriti. Lo stesso “fenomeno cittadino” – dunque, non un “fenomeno naturale” – si verifica a Caserta o, per stare in zona, a Maddaloni dove, proprio qualche giorno fa, per salvare una famiglia dal fenomeno dell’acqua alta si è intervenuti con una barca. Insomma, nelle nostre città e nei nostri paesi, quando piove non devono più intervenire i vigili del fuoco ma i marinai e i sommozzatori.
Lo scrittore Antonio Pascale, nato a Napoli e cresciuto a Caserta e impiegato al ministero delle Politiche agricole, ha pubblicato un articolo sul Corriere della Sera in cui, sulla base della sua esperienza di lavoro al ministero, ha detto che se si facesse la normale e piccola manutenzione di strade, canali, territori si eviterebbero disastri e tragedie. Invece, siccome la normale manutenzione non si fa più, non si trova di meglio che chiedere soldi e soldi per interventi straordinari e d’emergenza per riparare ai danni del solito ma imponderabile cataclisma naturale. Un circolo vizioso tra normalissima pioggia autunnale, assenza di manutenzione e ricorso all’evento naturale straordinario che sta uccidendo campagne, città, persone e anche il lume della umana ragione.
Ma perché la manutenzione non si fa? Un motivo lo ha detto lo stesso Pascale: un politico non ricava niente impegnandosi a finanziare e curare lavori ordinari: riparare piccole crepe o pulire una canaletta di bonifica è troppo banale, poco creativo e – aggiungo – improduttivo ai fini clientelari. C’è, però, anche un secondo motivo: la scomparsa della squadra di operai comunali. I nostri comuni sono strapieni di dirigenti, impiegati, ragionieri, contabili, geometri, gli operai sono mosche bianche e la manutenzione inesistente è data in appalto esterno. Il disastro ambientale è un disastro comunale. Il sole non basta più.