(Sanniopress) – La fine della Provincia di Benevento e la fine della Provincia di Avellino – perché per chi guardi in faccia la realtà senza infingimenti di due “fini” si tratta e non solo della Provincia della città di Benevento – mette capo a una provincia più grande che è un’opportunità di crescita per tutti. E’ arrivato il momento di piantarla con le proteste, di qualunque natura e di qualsiasi vaniloquio, per passare alla proposte.
Non ci sarà la Provincia “di” Benevento perché di fatto è stata sciolta. Ma non ci potrà essere neanche la Provincia “di” Avellino giacché il capoluogo, per ragioni tutt’altro che governative o campanilistiche, è giusto che sia riconosciuto a Benevento. La Provincia che nasce, infatti, si dovrà chiamare “del Sannio”, sia per ragioni storiche, sia per ragioni geografiche. Le prime riguardano la stessa storia delle istituzioni italiane e, in questo caso, la storia dei tentativi vani che si sono succeduti per la istituzione della Regione Sannio. Oggi, sia pure sotto l’assetto provinciale e non regionale, prende forma proprio questo antico progetto e dal momento che la nuova e più grande provincia è la Provincia del Sannio appare evidente che il capoluogo non potrà che essere Benevento. Gli avellinesi – cioè gli abitanti della cittadina di Avellino, dunque, non i “provinciali” o i “paesani” o i “cafoni”, ad esempio, quelli di Cervinara o di Ariano o di Morra – sono scesi in piazza e hanno detto di non voler morire sanniti perché sono irpini. Ma gli Irpini altro non erano che una delle quattro tribù dei Sanniti, quindi – se distinzioni mitologiche del genere hanno ancora senso – gli Irpini moriranno Sanniti perché lo sono nati. La Regione Sannio prevedeva come capoluogo Benevento e la Provincia del Sannio non può che avere come capoluogo Benevento. Ogni altra soluzione non è illegittima o arbitraria o campanilistica: è stupida.
Le dispute e le polemiche sul capoluogo nascono da un deficit di rappresentanza politica. La Provincia del Sannio, purtroppo, non è attiva ma passiva. La classe politica, sia ad Avellino sia a Benevento – con qualche rarissima eccezione – è abituata a ragionare in termini di partito, assessorati, uffici, clientele, finanziamenti. La difesa delle “Province di…” è spacciata per difesa di identità, di culture, di tradizioni ma ciò che realmente si difende è soltanto la poltrona, l’abitudine, l’orticello. Le morali che sono in gioco, ossia gli stili di vita e le loro abitudini, sono tutte morali da poltroni per le quali si tende a considerare giusto ciò che è semplicemente sicuro e comodo, sotto casa, a portata di mano. Non è un caso che la questione del capoluogo sia avvertita solo dai “cittadini” e non dai “paesani”: questi ultimi invece di far capo a un centro faranno capo ad un altro centro e nella sostanza – a parte qualche chilometro in più per qualcuno e qualche chilometro in meno per qualcun altro – il cambiamento non sarà traumatico. Per i cittadini, invece – che in realtà sono i veri paesani dal momento che tanto Avellino quanto Benevento altro non sono che due paesoni – ciò che (parzialmente) cambia sono le abitudini. Ma, pazienza. In fondo, per tanto tempo gli avellinesi, pur essendo capoluogo, sono stati provincia di Nusco e se oggi sembra che facciano fatica a pensare ad Avellino come una cittadina della Provincia del Sannio è solo perché fanno confusione sul senso della “demitizzazione”.
La Provincia del Sannio è un’occasione per tutti. Lo potrà essere ancor di più con Benevento capoluogo per il semplice fatto che Benevento è storicamente il centro del Sannio e la cittadina che meglio lo rappresenta. Ma Benevento si illude se pensa che con il riconoscimento del capoluogo avrà anche il primato politico. Quest’ultimo sarà da conquistare sul campo e, come spesso accade, niente di più facile che i “conquistatori” siano “conquistati”.
Mi duole fare presente che la questione non è affatto posta come “città migliore” o come “città meritevole” dell’una rispetto all’altra, altrimenti nel decreto legge si sarebbe letto “….la città con la maggiore importanza storica”, oppure “…la città con i maggiori requisiti storico-economici-culturali” (che tra l’altro è anche da vedere giacchè Benevento può sicuramente vantare natali storici inconfutabili ma nei fatti rappresenta una città molto povera dal punto di vista economico e sociale (fonti ISTAT, Camere di Commercio). Saranno anche paesoni entrambi, ma se mi consente, uno è meno paesone dell’altro, se proprio vogliamo metterla orribilmente su questo piano.
L’errore che tutti commettono, giornalisti compresi, è quello di considerare questo braccio di ferro come un fatto tutto campanilistico, mentre esiste un decreto legge chiaro ed esplicativo, vacatio legis compresa, che di fatto rappresenta un’assurdità macroscopica e la cui unica possibilità di “miglioramento” è quella di “correggerla”, non ce ne sono altre.
Mi risulta difficile da comprendere come Benevento possa pensare ed abbia fatto in modo di fissare un principio contraddittorio della stessa legge creando danno ad Avellino ed invece Avellino non debba difendersi pretendendo la difesa del proprio capoluogo ANCHE con il discusso decreto legge. La difesa non implica il danno a Benevento, perchè il danno gli è stato procurato dal decreto legge. L’errore commesso in sede di comma 4-bis, giova ricordarlo, è stato di adottare un’iniziativa in danno di un altro capoluogo (per di più l’unico tra i due a rispettare i requisiti di provincia) e non tentare di innovare quella norma che li ha cancellati.
Nella vita pratica di ogni giorno assisteremo ad un progressivo depauperamento di un città capoluogo dal 1806 che storicamente ha visto, con fatica, sacrifici e intelligenti mosse politiche, un progressivo avvicinamento lungo l’asse Ovest, e cioè verso Napoli capitale e capoluogo, mentre Benevento, per ragione storiche e territoriali, ha sempre avuto la vocazione ad avvicinarsi verso l’asse opposto, verso il Molise, da cui dista in minor misura rispetto a Napoli. Sebbene l’accorpamento delle due province costituisca la seconda provincia della regione, ciò non può assolutamente avvenire a scapito e in contraddizione delle vocazioni di entrambi territori. Non è un caso che più volte Benevento ha manifestato, nel tempo, la volontà e il desiderio di annettersi a Campobasso, mentre nello stesso tempo Avellino non ha mai avuto alcun bisogno di infrastrutture “indipendenti” quali l’università o un asse ferroviario importante, giacchè li ha sempre avuto a “portata di mano” a pochi km di distanza (Napoli, Salerno).
…..”Ma, pazienza. In fondo, per tanto tempo gli avellinesi, pur essendo capoluogo, sono stati provincia di Nusco” aggiungo allo stesso modo in cui i beneventani sono stati provincia di Ceppaloni!