(Sannniopress) – Un anno e passa fa, quando il governo Berlusconi – c’era ancora un governo di nome Berlusconi – provò ad abolire un bel numero di province con il decreto “salva Italia” scrissi un paio di articoli per dire che la fine della Provincia di Benevento non era un dramma ma un’occasione per crescere, diventare grandi e uscire tanto dalla Provincia del piccolo mondo antico quanto dal provincialismo.Alcuni di quegli articoli sono ora raccolti, grazie a Billy Nuzzolillo, nel libro “Il passo sbagliato” che sarà presentato il 16 novembre a Palazzo Paolo V.
Sarà un’occasione per provare a mettere a tema un po’ meglio la fine della storia della Provincia di Benevento – e fateci caso che nel genitivo c’è un destino “provinciale”, addirittura paesano – e la nascita di una nuova “cosa” che per evitare cacofonie e obbrobri è meglio chiamare da subito Provincia del Sannio e dell’Irpinia. Vedo, leggendo qua e là, che oggi un po’ tutti dicono quanto io – Sanniopress, in realtà – dicevo un anno fa in splendida solitudine facendo anche la figura del pazzo: la fine della piccola Provincia di Benevento non è un dramma e Benevento, se punta a mettere a sistema il Sannio, può essere una piccola capitale sannita.
Oggi questa cosa prende forma e tutti scoprono che Benevento sarà capoluogo. A me, naturalmente, fa piacere: tra Benevento e Avellino è giusto che sia la città più antica a ricoprire il ruolo di capoluogo. Però, con altrettanta chiarezza, lasciatemi dire che se la nuova provincia è pensata come la vecchia ma più grande, allora, si è già partiti con “il passo sbagliato”.
La fine della vecchia provincia significa che siamo all’inizio – anche abbastanza avanzato – della fine della intermediazione politica. Lo dico terra terra: fino ad oggi il Mezzogiorno, con le sue classi dirigenti, ha assicurato consenso ai partiti di governo (e di opposizione) per ricavarne redistribuzione di risorse e pezzi di Stato. Questa storia è finita. E in questa fine rientra la fine della Provincia di Benevento con un pezzo di classe politica locale che non ci possiamo più permettere e che non può più svolgere il suo ruolo di mediazione, causa fine delle risorse che non hanno generato crescita e garantiscono incremento del debito.
Fino ad oggi in questa storia tipicamente meridionale i politici, ai vari livelli, sono stati visti come madonne pellegrine o santi in paradiso. Ma, a Dio piacendo, questa storia è finita. Inizia un’altra storia in cui Benevento, capoluogo o non capoluogo, dovrà imparare a far da sé. Questo è il nodo centrale di tutta la vicenda e immaginare che tutto ruoti intorno alla fine di un ente provinciale per farne un altro più grande significa credere di essere ancora nel secolo scorso quando c’erano De Mita e Mastella.