(Sanniopress) – Mario Monti ha utilizzato spesso, per indicare la giusta strada, la metafora della luce in fondo al tunnel. E, infatti, nessuno può sostenere che il governo Monti non abbia fatto bene la sua parte, soprattutto perché gli italiani hanno stretto i denti e la cinghia e per salvare il loro Paese hanno fatto e stanno facendo molti sacrifici. Però, provate a cambiare governo, provate solo per un momento e per provare un brivido di terrore a sostituire il “governo tecnico” con un altro e qualunque “governo politico” e subito quella luce in fondo al tunnel svanirà e il buio pesto delle tenebre sarà definitivo e totale. Quanto dico è provato dai fatti. La “legge di stabilità” è diventata nelle mani dei partiti la “legge di instabilità”. E’ stata prima criticata e poi smontata pezzo dopo pezzo. Si è partiti col dire che andava migliorata e si è arrivati ad un totale stravolgimento. La partita è appena iniziata e il governo aveva messo in conto di dover fare il lavoro della tela di Penelope, quindi in qualche modo si dovrà fare per mettere insieme capre e cavoli. Ma rimane il fatto evidentissimo che i partiti non si allineano in alcun modo né allo spirito del governo Monti né allo spirito nazionale e così chi fa sacrifici sono soltanto gli italiani. Il caso del no ai tagli ai costi della politica negli enti locali e il caso dell’altro no alla verifica della Corte dei conti per controllare i bilanci dei gruppi politici e delle assemblee degli eletti sono chiarissimi: nel momento in cui la palla passa dai tecnici ai politici si ricomincia con l’andazzo di sempre che è la causa principale della crisi italiana nel contesto europeo.
La metafora di Monti è stata mal interpretata (anche se è noto che non c’è peggior interprete di chi vuole comunque intendere le cose secondo i suoi comodi). La luce in fondo al tunnel fa pensare che ormai stiamo per uscire a “riveder le stelle” e che il peggio è passato, è ormai definitivamente alle nostre spalle. Invece, tanto il pensiero di Monti quanto la situazione vanno intese in tutt’altro modo. C’è la luce in fondo al tunnel solo e soltanto se si continua con la politica del rigore e della serietà, il cui principale presupposto è quello di limitare le spese e di non continuare ad alimentare il debito. La vicinissima Spagna – dunque non la Grecia che è presa come termine di paragone estremo e massimamente negativo – ha un tasso di disoccupazione che è al 25 per cento. L’Italia sta messa meglio della Spagna, ma il nostro sistema produttivo è fermo e la nostra capacità di stare in piedi continua a dipendere dal finanziamento del debito. La situazione, dunque, non è cambiata e se c’è una cosa che deve cambiare è l’idea che man mano che ci avviciniamo alle elezioni politiche e alla conclusione del (primo) governo Monti usciamo dallo stato di eccezione in cui eravamo e possiamo ritornare alla situazione normale e precedente. Chi ragiona così, soprattutto assecondando le pessime abitudini delle campagne elettorali, si prepara a riportare il Paese nel baratro. Vanificare i tagli ai costi della politica e vanificare i controlli sui bilanci dei partiti e dei gruppi consiliari significa due pessime cose: sottrarsi ai sacrifici che gli italiani sopportano e ripristinare un clima di irresponsabilità.
Silvio Berlusconi ha preso atto che la sua lunga stagione politica è finita e ha fatto un passo indietro annunciando la sua uscita di scena. Ma l’uscita di scena del lupo berlusconiano lascia purtroppo sul campo ancora intatti i vizi del berlusconismo e dell’antiberlusconismo. In quel che resta del Pdl si invoca l’unione dei moderati ma, ancora una volta, si intende l’unità soltanto come l’aggregazione di parti, partiti e gruppi, mentre non c’è politica moderata – come ha anche efficacemente fatto capire Monti – se non si assume come linea di condotta il rigore del “governo tecnico”. Oggi una politica moderata è quella che parla il linguaggio della verità e della serietà e che, dunque, rifiuta categoricamente l’idea di propinare agli italiani un magnifico programma di cose che si faranno una volta ritornati a Palazzo Chigi. La politica dei moderati è quella che ha come sua bussola il costante riferimento alla realtà delle cose che non si possono ignorare o cambiare secondo i desideri o le esigenze del marketing elettorale. Sono cose, queste, che dobbiamo seppellire perché non costituiscono la ragione del nostro rilancio, bensì la causa della nostra rovina. La politica dei moderati non è un bellissimo programma a sostegno di un’aggregazione elettorale, ma è uno stile morale della vita politica e civile.