(Sanniopress) – Il Colasannio mi imbarazza come lettore (saltuario) e come cittadino. E’ un giornale di partito che vuol passare per quotidiano d’informazione. Da questo scambio di ruoli dipende una commedia giornalistica che è molto simile alla commedia dell’arte. Con una significativa differenza: nel canovaccio teatrale arriva il momento in cui gli equivoci si risolvono, le maschere cadono e tutti vissero felici e contenti, mentre nelle bozze redazionali colasannite il momento dell’agnizione non arriva mai e l’equivoco che tutti fingono d’ignorare prende il posto della verità. La proprietà e la direzione fanno grandi proclami di libertà, informazione, pluralismo che regolarmente sono disattesi perché la regola ferrea che s’impone come fosse una legge della natura è la propaganda come non avviene neanche nei giornali di partito. A ben vedere, è questo il motivo che impedisce la fine dell’equivoco.
I fogli di partito hanno una lunga tradizione di giornalismo. Sono, naturalmente, fin dal nome “di parte” e rappresentano le idee e gli interessi di un partito, ma sono pur sempre dei giornali proprio in forza della loro riconosciuta e rivendicata identità. Non giocano nell’equivoco ma nella chiarezza. Proprio perché sono giornali di partito possono fare del buon giornalismo perché dibattono le idee e siccome hanno bisogno di dimostrare che le loro idee sono migliori delle idee avverse, rappresentano anche le idee degli avversari ai quali non possono non dare spazio. Non è un caso che proprio dai giornali di partito vengano fuori i migliori giornalisti che approdano ai maggiori quotidiani nazionali (almeno la cosa così funzionava fino a qualche anno fa).
Il Colasannio, dunque, si presenta come giornale d’informazione ma è giornale di partito che ha come fine la propaganda politica per i resti e gli avanzi del Pdl. E qui l’equivoco si complica: perché per fare lealmente un giornale di partito ci vuole un partito ma il Pdl non è un partito politico. Non lo dico per pregiudizio ma semplicemente perché mi attengo al Pdl che ha sempre scansato la parola “partito” come la peste e ha preferito quella di Popolo della libertà. Dunque, riepilogando: Il Colasannio, che comincia a farmi simpatia, si presenta come un giornale d’informazione ma è un giornale di partito che però non ha un partito. L’equivoco comincia a prendere la forma della maschera dei nostri tempi.
La rappresentanza politica è stata ridotta alla fiera delle vanità e l’espressione dei desideri e dei comandi ha preso il posto della cultura politica. La parola libertà, per la quale ho un rispetto religioso, ha perso significato e si è capovolta nel suo opposto: la illibertà. Il giornalismo, che è una diretta manifestazione della libertà, è stato declassato a stampante. Anche il senso del ridicolo, che di solito è quello che salva gli uomini quando sono privi di altre sensibilità e culture, è andato smarrito. Si usano toni trionfalistici per minuzie, si fanno goffe campagne stampa per nullità. S’ignorano i propri limiti. Chi ne paga le maggiori conseguenze? Il Pdl. Senza il confronto, senza il dibattito delle idee, senza la voce dell’avversario si perde credibilità ed è questo il maggior danno per chi vuol essere politico e chi vuol essere giornalista. E’ un vero peccato mortale perché in redazione ci sono ottime qualità che lasciate libere di rispondere alla loro intelligenza sarebbero in grado di dar vita a pagine di autentico giornalismo politico.