(Sanniopress) – Carissimo Billy, ti leggo e ti scrivo con piacere, solo mi rammarico del fatto che sono rare le occasioni in cui ci si possa incontrare tra giornalisti per scambiarsi saluti, opinioni sulla nostra categoria, su come migliorare i rapporti tra di noi, al di là dei legittimi rispettivi interessi editoriali, e soprattutto su come possiamo aiutare la nuova generazione di giornalisti ad accedere nella pienezza dei diritti alla professione, su come esercitarla nel rispetto delle regole, con correttezza pur nel diritto di critica.
Il ‘caso’ sollevato dal negato accredito ad un giornalista del Sannio dispiace, pur tuttavia, come hai convenuto e giustamente rilevato, bisogna pure che i nostri vertici aprano finalmente gli occhi su certe situazioni, accendano qualche torcia per vedere meglio cosa accade nella penombra del sottobosco delle imprese editoriali della Campania, in alcune delle quali accadono cose non compatibili con il contratto di lavoro, con lo Statuto dei lavoratori, con la deontologia e l’autonomia dei giornalisti. Noi possiamo continuare a fingere di non vedere e di non sapere e, di tanto in tanto, dare prova di esistere con comunicati ufficiali in cui emerge nella sua sacralità l’inviolabile principio della solidarietà. In Italia, insieme ad un sigaro toscano e alle attenuanti generiche nei processi, la solidarietà, spesso pelosa, non si nega a nessuno. Perché negarla al giornalista escluso, ‘discriminato’…?, il quale – non ho paura a dirlo – è portatore sano di una causa persa.
Perché se è vero che il suo diritto ad entrare in uno stadio è per convenzione riconosciuto tra organi di tutela dei giornalisti e gli organi istituzionali del calcio, è pur vero che la causa del suo diritto negato è nell’esercizio stesso della professione, nell’oscuramento di fatti rilevanti, che trova la peggiore espressione nella cancellazione del logo dello sponsor dalle foto. Ma che roba è, dove si è mai vista una cosa del genere. Lo sponsor è parte della società, nel basket addirittura gli stadi sono intitolati allo sponsor e il nome delle squadre stesse è preceduto da quello dello sponsor. Gli organi federali ne riconoscono la valenza addirittura per le Nazionali, dal calcio in giù.
L’amico e collega Gianfranco Coppola ricordava i miei trascorsi sindacali, che non rinnego anzi rilancio ogni giorno, svolgendo nelle redazioni di OttoPagine non la funzione del direttore ma del collega pronto a dare una mano, scrivendo dieci righe, facendo una telefonata per informarsi, dando un consiglio a chi più giovane ne ha bisogno.
Al congresso di Rimini dei giornalisti Rai (Usigrai, di cui sono stato per otto anni nell’Esecutivo), nell’aprile del ’90 ottenemmo per acclamazione, dopo anni di lotte, il riconoscimento professionale del cine operatore, che anche in termini contrattuali veniva riconosciuto giornalista professionista. Qual era il principio ? Che esiste una informazione per immagini, realizzata attraverso foto e immagini. Le foto di Robert Kapa o di John Morris, di Henry Cartier Bresson, di Ferdinando Scianna, di Annie Leibowitz, documentano fatti ed eventi molto meglio di quanto i loro colleghi avrebbero saputo fare con la carta stampata. Per questo stesso motivo manipolare una foto, alterarne i dettagli, cancellarne i dettagli equivale ad una manipolazione della stessa informazione, ad una alterazione che – dopo sette anni – potrebbe pure dare stura ad una legittima reazione. E le conseguenze le pagano chi ordina, chi effettua, ed anche chi, essendone pur consapevole, si comporta come le tre scimmiette siciliane, una non vede, una non sente, una non parla.
La correttezza dell’informazione è un diritto del cittadino ed un nostro dovere, chi lo viola è fuori dalle regole, fuori dalla deontologia della nostra professione e,qualche volta, fuori dallo stadio.
Grazie per l’ospitalità.
Salvatore Biazzo, manovale della notizia.