(Sanniopress) – Se Melania Petriello è l’Italia – “Io sono l’Italia” -, la nonna Teresa, vicina di casa di Rocco Scotellaro, è la l’Italia preunitaria. Non so se è vero, ma senz’altro non è falso perché è possibile e in letteratura ciò che è possibile è reale. Nonna Teresa – “bella come poche” – condivideva con il sindaco-bambino – ma né Teresa era nonna, né Rocco era sindaco a Tricarico – pomeriggi di letture. Teresa non doveva saper molto di letteratura e politica, fascismo e resistenza ma di angherie, sole e solitudine, di “ricami di speranze e velleità censurate” ne sapeva perché la sua storia è una di quelle raccontate dal suo amico Rocco nel libro autobiografico L’uva puttanella. L’innamorato di Teresa era un socialista – “compagno di cella di Sandro Pertini” – e si sposarono in casa grazie alla compiacenza di un amico sacerdote.
L’altra nonna, quella paterna, era borbonica e napoletana, della “Napoli che non vede il mare” e che mi sembra un verso della Ortese. Conobbe il nonno, “affascinante come un divo, carabiniere di passaggio”, alla maniera di Vittorio De Sica. Il nonno veniva dall’Irpinia e fecero una vita di peregrinazioni, su e giù per l’Italia. L’autrice – l’Italia – di questo testo Al mio Paese è cresciuta “a pane e storie di Mezzogiorno”. E’ bionda bionda, ma tutta del Sud e senza barocchismi (forse solo qualche boccolo). Non rivendica, ma vuole: “Troppa dignità per cedere alla nostalgia”.
Che cos’è il Mezzogiorno? Terra di Stato e Antistato. Terra di terra e mare di mare. Terra di industrie e terra di contadini, di fallimenti e sperperi, di sviluppo e sottosviluppo, di politica e finzioni, di partiti e servilismi. In poche righe, riportando un passo di Pasquale Saraceno, la nipote di nonna Teresa nota che, “insomma, se la storia recente ha profondamente cambiato i termini economici e tecnici della questione meridionale, la sua essenza resta quella indicata dai grandi meridionalisti del passato; quella cioè, di una grande questione etico-politica, che investe le stesse fondamenta morali della società nazionale e dello Stato unitario”. Proprio così, perché la Questione non è economica ma nasce dal rapporto che la gente del Sud intrattiene con sé stessa e con lo Stato. La “questione meridionale” è – diceva Norberto Bobbio – la “questione dei meridionali” che poi è un altro modo di dire quanto diceva Croce sul dovere del borghesia delle province napoletane: “Bisogna con ogni cura guardarsi dal compiere un indebito trapasso dalla storia etica e politica alla storia economica e sociale – sottolinea il passo crociano ripreso da Saraceno e da Melania Petriello – e pretendere di ritrovare in questa il movimento storico e la virtù nazionale che si deve invece ritrovare e mostrare nell’altra”. In tal modo, la famigerata questione meridionale è inesistente perché diventa la questione del nostro stesso dovere che non è quello dell’altro – come a più riprese l’Italia di Melania Petriello dice ai suoi lettori italiani – ma quello che si appella alla nostra coscienza.
Scusa Desiderio, mi potresti spiegare quante lettere bisogna aggiungere ad un libro per esserne dichiarata l’autrice? Che dicI tre parole, come la Melania, possono bastare?