(Sanniopress) – Il discorso che Stefano Caldoro ha rivolto via web e in manica di camicia bianca a righine azzurrine ai cittadini campani è stato definito “il manifesto politico di Caldoro”. La definizione è parzialmente giusta. Infatti, del manifesto politico, il discorso del governatore ha almeno tre elementi: è rivolto in modo diretto ai cittadini – “preferisco la parola cittadini a quella di popolo” ha precisato – , dichiara chiusa la vecchia stagione della destra e della sinistra e ne apre una nuova per un Sud che vuole cambiare, impegna personalmente il governo regionale in un lavoro di meritocrazia, serietà e responsabilità. Allo stesso tempo, però, Caldoro tirandosi fuori nientemeno che dalla lotta politica sembra proporre la sua amministrazione come una sorta di governo Monti su base regionale quando sostiene che i partiti devono risolvere i problemi delle alleanze mentre il suo compito è quello della sfida della modernizzazione della regione per trasformare la Campania da problema in risorsa. Un modo un po’ strano, quest’ultimo, per proporre un manifesto politico in cui il suo stesso autore si tira indietro e dice: “Non mi disturbate”. Viene in mente il Totò del celeberrimo: “Armiamoci e partite”.
Il governatore non è un leader. E’ stato scelto come candidato del centrodestra alla Regione proprio per il suo profilo basso e il suo stile moderato. Tuttavia, con tutta la sua calma e quasi flemma, proprio Caldoro si è difeso da Nicola Cosentino e i suoi fedelissimi fino al punto che l’ex sottosegretario e coordinatore è fuori e lui è in sella. Tuttavia, questa virtù moderata del governatore che appare poco ma bada al sodo sembra più impiegata sul piano delle relazioni dei partiti – “di un partito piuttosto che di un altro” come ha detto lui stesso con malcelato disprezzo – che sulla sfida della modernità della Campania che ha indicato. E’ come se Caldoro sapesse cosa fare ma non ne avesse la forza per farlo. Forse, per due ordini di motivi: uno caratteriale e uno politico.
Lo scrittore siciliano Vitaliano Brancati scrisse il romanzo, rimasto incompiuto, Paolo il caldo. Giocando un po’ con la letteratura e la cronaca si potrebbe scrivere un libretto sul governatore intitolato Stefano il freddo. La virtù moderata dovrebbe oggi scaldarsi ma Caldoro appare troppo freddo e glaciale fino al punto da rinunciare ad esercitare una leadership che il campo di fatto gli attribuisce, mentre i partiti o ciò che ne resta evidentemente non gli riconoscono. Il limite politico di Caldoro, inoltre, è dato dalla stessa istituzione che amministra: è più semplice “fare” il leader da sindaco che da governatore, non c’è dubbio.
La riprova è data dall’altro video napoletano: quello di De Magistris. Al di là dello stile e della comunicazione – il sindaco parla regolarmente di “popolo” e, grecizzando l’Italia, lo contrappone ai “poteri forti” – De Magistris si può appoggiare al “partito dei sindaci” e avanza una proposta politica ed elettorale già delineata: la lista civica nazionale. Il sindaco, al contrario di Caldoro, si scalda troppo facilmente.
(tratto dal Corriere del Mezzogiorno)