(Sanniopress) – C’è stato un tempo non lontano in cui il palazzo di giustizia di Benevento era percepito come il più noto porto delle nebbie. Lo era anche di fatto? Non lo sappiamo. Ciò che sappiamo con maggior certezza è che oggi le cose sono cambiate in meglio. Da quando il procuratore capo è Giuseppe Maddalena la giustizia appare meglio amministrata. Ma non è solo una questione di sensibilità e percezione. Parlano i risultati, i procedimenti, l’iter più veloce dei processi e un clima generale improntato più al lavoro e alla fiducia. In particolare, con l’arriva di Maddalena non ci sono più in città santuari intoccabili.
La sentenza di qualche giorno fa del processo che vedeva imputati tre noti avvocati sanniti – Mauro Di Monaco, Mario Itro e Marco Cocilovo – è per certi versi storica. Gli imputati sono stati condannati (la sentenza è di primo grado e ci sarà il processo di appello che potrà chiarire, approfondire e così confermare o capovolgere il primo verdetto) per fatti e reati francamente odiosi perché i tanti soldi riciclati (11 milioni di euro) sono stati in sostanza sottratti ai bisognosi (malati o portatori di handicap). Ma, al di là della notorietà dei singoli avvocati, l’inchiesta condotta dal pubblico ministero Giovanni Tartaglia Polcini e il processo sono importanti e significativi per la storia della città di Benevento perché fanno emergere una rete di affari illeciti che non opera nella illegale e violenta malavita bensì negli studi professionali, negli istituti di credito e di cura. Forse, in altri tempi un’inchiesta del genere sarebbe stata trattata con i guanti bianchi, i fatti sarebbero stati scoperti per poi essere ricoperti e la storia invece di essere chiarita sarebbe diventata una storia detta sottovoce e fatta di voci, di “si dice”, di allusioni.
Il “metodo Maddalena” – lo si potrebbe chiamare così – non sembra prevedere l’esistenza degli Untouchables: gli Intoccabili. A confermarlo sono anche altri provvedimenti e altre inchieste. Quello, ad esempio, che riguarda i poliziotti della scorta di Pasquale Viespoli che, accusati di truffa e falso, pare presentassero fatture e ricevute per pranzi e pernottamenti mai effettuati. Oppure le indagini su Palazzo Mosti e alcuni amministratori di ieri e di oggi. O, ancora, le inchieste che vedono al centro non il capoluogo ma alcuni “centri” della Provincia come Telese, San Bartolomeo, Sant’Agata dei Goti che, purtroppo, ci restituiscono l’immagine di una comunità a cavallo tra amministrazione e politica non proprio in perfetta salute. Insomma, un’attività, quella della procura di Benevento guidata da Giuseppe Maddalena, che non guarda in faccia nessuno. Un lavoro prezioso e utile per la crescita della città non perché Benevento sia un covo di ladri e corrotti ma perché – come detto – si capovolge il paradigma storico da cui si era partiti: l’ambigua inconcludenza.
Resta solo un’altra “voce” del non poverissimo vocabolario giudiziario sannita: il processo Zamparini e il capitolo Mastella. Qui sembra che il procuratore capo, sostituendo il pm Clemente senz’altro inviso all’altro Clemente, abbia avuto un comportamento diverso, come se ci fosse ancora un santuario intoccabile. In realtà, più che un’ombra, questo è più un nostro cattivo pensiero, mentre va riconosciuto al procuratore l’intenzione di salvaguardare un altro processo destinato nel bene e nel male a lasciare il segno nella storia democratica di Benevento.
Contraddire Giancristiano Desiderio è da folli e quindi non lo faccio, mi permetto solo di fargli notare che, per l’articolo di cui sopra, ha pochi dati per esprimere una precisa illustrazione. La certezza espressa non rappresenta la realtà dei fatti reali ma solo la realtà dei fatti noti a Giancristiano! Non è vero che non ci sono santuari intoccabili.